Se l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue sarà una “hard Brexit”, cioè senza accordo, allora l’export agroalimentare italiano correrà più di un pericolo. A lanciare l’allarme è Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura.
Ed è un allarme su più fronti: «Il primo, quello più immediato – dice – sarà l’entrata in vigore di tutta una serie di barriere, tariffarie e non tariffarie, che renderanno materialmente complicato il nostro export. E questo a partire dal 1°di aprile, una data ravvicinata per la quale il governo italiano non si è attrezzato con nessun piano di emergenza». Giansanti cita l’esempio della Francia, dove l’esecutivo Macron non solo ha già previsto una cabina di regia per la gestione di tutte le problematiche che potranno sorgere, ma soprattutto ha individuato un solo porto e un solo aeroporto da cui dovranno transitare tutte le merci francesi dirette in Gran Bretagna, in modo da tenere meglio tutte le procedure sotto controllo. Altrettanto avrebbe fatto la Spagna: e l’Italia? «Abbiamo chiesto al presidente del Consiglio Conte e al ministro degli esteri Moavero di attrezzarci anche noi in questo senso – dice Giansanti – ma al momento non è stato fatto nulla. Avrò un nuovo incontro la prossima settimana alla Presidenza del Consiglio, tornerò di nuovo alla carica».
Più ancora che le barriere doganali, Confagricoltura teme il cosiddetto “rischio Hong Kong“: che la Gran Bretagna cioè, una volta ottenuti dazi zero con l’Unione europea, diventi una specie di porta d’ingresso agevolato per tutti i prodotti alimentari provenienti dai Paesi del Commonwealth. Tutte realtà, queste, che hanno accordi commerciali vantaggiosi con Londra, ma non con il resto della Ue, verso la quale i dazi sono più alti. «Basta ricordare quello che è successo con il riso proveniente dalla Cambogia e dal Myanmar: usufruendo di dazi zero, ha mandato a gambe all’aria i produttori europei e quelli italiani soprattutto».
Per il nostro Paese, la Gran Bretagna vale 3,4 miliardi di curo di export agroalimentare, pari all’8% di tutte le esportazioni italiane del settore. Per il Prosecco, poi, il Regno Unito è il primo mercato mondiale: una bottiglia su due è venduta in Inghilterra.
Fonte: Il Sole 24 Ore