A 30 anni esatti dalla nascita del marchio DOP, l’etichetta a semaforo sui formaggi certificati rischia di affossare un settore che vale 4 miliardi di euro alla produzione e occupa 26mila operatori.
Un’etichetta mette dunque a rischio i formaggi simbolo del Made in Italy alimentare, già alle prese con la contrazione dei consumi e con l’emergenza materie prime per l’alimentazione animale innescata dal conflitto in Ucraina. Tanto che non è più impossibile un domani dove una cacio e pepe sarà senza Pecorino Romano DOP, una caprese sarà senza Mozzarella di Bufala Campana DOP, uno spaghetto al pomodoro senza Parmigiano Reggiano DOP, un risotto al radicchio e Gorgonzola DOP… senza Gorgonzola. Piatti senz’anima e più “poveri” anche dal punto di vista nutrizionale, monchi delle DOP che il mondo ci invidia. E che entro un anno rischiano di sparire dalle tavole italiane (e non solo), se l’Unione Europea approverà l’etichettatura Nutri-Score.
“Il sistema Nutriscore penalizza fortemente e senza valide ragioni DOP storiche, la cui qualità è da sempre garantita da rigidi disciplinari di produzione, da controlli costanti e dall’impegno a fornire ai consumatori prodotti sani e genuini”, dice il presidente del Consorzio di tutela del Pecorino Romano, Gianni Maoddi. “Non a caso il Pecorino Romano DOP è fra i formaggi più amati e apprezzati al mondo, prodotto in gran parte in una terra dove l’altissima percentuale di centenari è testimone di un ambiente sano e sostenibile. La valutazione Nutriscore non tiene conto di tutta una serie di elementi – spiega Maoddi – né del fatto che le giuste quantità di prodotto e il suo utilizzo in diverse ricette ne garantiscono leggerezza e corretti parametri nutrizionali. E rischia di essere un danno non solo per i produttori ma anche per i consumatori, tratti in inganno da una valutazione superficiale e – conclude – non realistica”.
Fonte: Consorzio di tutela del Pecorino Romano DOP
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