È stata la peggiore vendemmia nella storia dell’isola di Pantelleria. Quest’anno sono stati prodotti poco più di 15 mila quintali di Zibibbo, uva dalla quale si ricavano i prodotti pregiati protetti della denominazione di origine controllata: il Moscato di Pantelleria DOP e il Passito di Pantelelria DOP, vini conosciuti in tutto il mondo. «La mia produzione è stata meno della metà di quella della vendemmia del 2018 – dice Salvatore Ferrandes, titolare di una azienda di famiglia in contrada Mueggen-. Per il Passito di Pantelleria DOP potrò supplire con un poco di produzione degli anni precedenti. Vado avanti anche perché diversifico con la vendita dell’uva passa e dei capperi. I miei sono per lo più clienti privati che comprano piccole quantità. Diversificare, come si faceva una volta, è la strada giusta da percorrere».
Salvatore Ferrandes è un contadino che si è creato da solo un’azienda che produce, a detta degli esperti, uno dei migliori passiti dell’isola, vincitori di diversi premi e segnalato diverse volte dalle guide dell’Espresso. Salvatore non li cita e sembra quasi gli diano fastidio perché la notorietà e l’apparire non gli sono congeniali, non rispecchiano l’uomo che vive queste zone così remote, austere e solitarie. «Il passito – dice ancora Salvatore Ferrandes – è un vino difficile da vendere, non ha un grande mercato. Non è come il vino da tavola che quando si apre una bottiglia finisce subito».
Il dramma che si è consumato nella vendemmia del 2019 è percepibile se si pensa che negli anni sessanta la produzione di Zibibbo aveva toccato i 365 mila quintali. La produzione cominciò a scendere nel 1974 quando improvvisamente fu perduto il mercato dell’uva fresca da tavola verso i mercati di Palermo. Lo zibibbo fu sostituito dall’uva Italia. Questo mercato valeva circa 100 mila quintali all’anno. La produzione così scese a circa 200 mila quintali alla fine degli anni settanta. La perdita anche dei mercati dell’uva passa fece ancora scendere la produzione, mentre contemporaneamente negli anni ottanta numerosi contadini preferirono lavorare nell’edilizia perché intanto era scoppiato il boom della costruzione e del restauro dei dammusi dei turisti. Negli anni novanta già la produzione scendeva sotto i 100 mila quintali e nel nuovo secolo il numero dei terreni abbandonati aumentò a vista d’occhio.
«La Cantina Pellegrino quest’anno ha ammassato soltanto ottomila quintali – dice l’enologo Nicolò Poma – tutti pagati a DOC, contro i dodicimila dello scorso anno. Il budget era di novemila quintali, ma l’azienda conta di poter sopperire grazie ai duemila quintali in più che aveva ammassato lo scorso anno». I fornitori di uva zibibbo, nell’azienda marsalese, sono stati 254 con una media di trentadue quintali a persona. «Ormai – continua l’enologo Poma – si può dire che di tutti i conferitori solo cinque vivono soltanto con il frutto dei terreni, per gli altri si tratta di un piccolo reddito da aggiungere a quello proveniente da altre attività».
«Con la vendemmia 2019 – dice Antonio Rallo di Donnafugata – abbiamo avuto un calo intorno al 25% rispetto all’anno precedente; i forti venti che hanno sferzato l’isola a maggio, nel delicato periodo della fioritura, hanno notevolmente influito sulla riduzione del carico produttivo. Inoltre, una primavera abbastanza fredda rispetto alle medie stagionali, ha rallentato il ciclo della vite; in alcuni vigneti abbiamo effettuato dei diradamenti, lasciando un grappolo a germoglio (circa quattro grappoli per pianta). In questo modo i grappoli rimanenti hanno raggiunto più facilmente una perfetta maturazione; abbiamo portato in appassimento ed in cantina poco uva ma di grande qualità perché perfettamente sana, e con un’ottima maturazione sia zuccherina che aromatica».
Fonte: Giornale di Sicilia