Snobbato spesso dai più giovani, messo sott’accusa dal nuovo Codice della strada e ora anche dagli Stati Uniti come sostanza che favorisce il cancro. La bevanda di cui l’Italia è primo produttore mondiale cerca un’alternativa senza alcol.
In Italia – al netto dei grandi rossi come Brunello di Montalcino DOP, Barolo DOP o Chianti Classico DOP che hanno affinamenti che durano anni in botti di legno – attualmente sono stoccati 42,4 milioni di ettolitri di vino.
Più o meno la quantità ricavata nella vendemmia che si è da poco chiusa e che ha riconsegnato – attenzione: non vale quasi nulla – il primato mondiale produttivo alle vigne d’Italia.
Solo che quel vino non si vende e quindi la via d`uscita può essere il NoLo, inteso come «no alcohol» o «low alcohol» per dirlo all`americana che suona meglio).
Il Prosecco è il più stoccato: 4,2 milioni di ettolitri. Sono 5,6 miliardi di bottiglie! Spannometricamente per smaltirle ci vogliono qualcosa come otto anni.
Ma nessuno dirà mai che la richiesta di tradire il vino, togliendogli il valore identitario e culturale insieme all’alcol, è prima di tutto l’effetto di un mal governo del settore negli anni del boom senza limiti.
L’elenco delle giacenze dimostra che in Italia ci sono troppe «Denominazioni», alcune disegnate solo per clientela politica, che le indicazioni geografiche sono raffazzonate e che, restringendosi i consumi, il mercato si è spezzato: da una parte ci sono i vini-opera d`arte, dall`altra c`è una marea di prodotto che non si sa più a chi vendere, anche per il ridotto potere di acquisto.
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Francesco Lollobrigida, ministro per la Sovranità alimentare, aveva promesso entro fine 2024 il decreto e così è stato. In Italia si possono produrre i vini a zero alcol o parzialmente dealcolati, purché gli impianti siano diversi dalla cantina e non si aggiunga nulla nel vino. Non si possono dealcolare DOP e IGP.
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Fonte: Panorama