Il sistema ortofrutticolo italiano è leader in Europa e ai vertici mondiali, con un valore alla produzione di circa 12 miliardi, di cui quasi 5 realizzati sui mercati esteri. Ma l’81% di frutta e ortaggi rimane confinato nel mercato comunitario, dove l’anno scorso sono state vendute 3,1 milioni di tonnellate di prodotti (con consumi stagnanti), mentre solo 744mila tonnellate (il 19% del totale) sono state esportate nei mercati Extra-UE, potenzialmente in forte crescita: Africa, soprattutto, che ha assorbito il 35% dei nostri prodotti, seguita da Medio Oriente (19%) e Nord America (6%). Un quadro che rende necessaria un’accelerazione del processo di internazionalizzazione delle aziende ortofrutticole e di tutto l’indotto che ruota attorno al settore.
Da qui una piattaforma condivisa dall’Italia con altri cinque paesi UE (Spagna, Francia, Olanda, Belgio e Polonia) per sensibilizzare la Commissione UE affinché garantisca reciprocità nell’azione di sostegno all’export fuori dall’Unione. Mercati dove si stima può essere intercettato un 95% di potenziali nuovi consumatori. Il documento è stato siglato ieri a Bolzano a un convegno organizzato da Assomela e Alleanza delle cooperative agroalimentari a Interpoma, la fiera internazionale dedicata alla filiera melicola. Un settore, quello delle mele, di cui l’Italia è secondo produttore europeo dopo la Polonia, e che insieme a ikiwi rappresenta uno dei prodotti più strategici in chiave d’export.
“Sono ancora troppi i problemi che l’ortofrutta si trova ad affrontare per ottenere nuovi sbocchi commerciali – ha spiegato Davide Vernocchi, coordinatore del settore dell’Alleanza dele coop agroalimentari – Gli operatori europei devono fare fronte tutti i giorni a una serie di ostacoli, la maggior parte delle volte creati ad hoc dai paesi importatori, soprattutto in materia fitosanitaria”. Il presidente di Assomela, Ennio Magnani, dopo avere ricordato come per le mele italiane non sia stata aperta alcuna nuova porta dopo l’embargo in Russia, ha sottolineato “l’impegno crescente per arrivare nel più breve tempo possibile ad avere condizioni di accesso a nuovi paesi in forte crescita, con importanti potenzialità per i produttori europei e italiani”.
Fonte: Il Sole 24 Ore