Un attacco diretto al Parmigiano Reggiano DOP e alle altre principali eccellenze DOP e IGP alimentari italiane, che andrebbe a danneggiare i consorzi di riferimento. L’Onu e l’Oms in settembre potrebbero decidere di applicare sui prodotti made in Italy una nuova tassa e un’etichettatura allarmistica simile a quella dei pacchetti di sigarette. Perché? Per combattere diabete, cancro e malattie cardiovascolari. E già in trincea Riccardo Deserti, direttore Consorzio Parmigiano Reggiano.
Deserti, che cosa ne pensa?
« E una presa di posizione che si muove sulla falsariga di un sistema di etichettatura a semafori, applicata in Inghilterra e poi in Francia. Già da questa esperienza si nota che non esiste un protocollo unico, ma ci si muove con la scusa di adottare delle politiche sulla salute delle persone».
È un problema di metodologie?
«Quello che valutiamo è che questi sistemi si legano al contenuto dei prodotti».
E invece, secondo lei, in che modo dovrebbe essere garantita la tutela sull’etichetta?
«Normalmente si usano le informazioni nutrizionali per 100 grammi di quantitativo. Così facendo, la cioccolata viene confrontata con il Parmigiano. Una modalità scorretta e fuorviante. Perché quello che conta è la dose giornaliera assunta. Nel Parmigiano non ci sono zuccheri. Il tema è il sale, di poco superiore all’1%. Peccato che la dose consigliata sia di 20 grammi».
Quindi che fare?
«C’è un approccio troppo semplicistico da parte dell’Oms nel trattare i rischi per la salute».
Non è che si vogliono difendere per diritto i prodotti agroalimentari, ma bisogna fornire le informazioni più educative possibili. Un altro esempio? Si parla di prodotti animali con le proteine. Mentre non c’è nessun accenno alla quantità di sale da mettere nell’acqua di cottura della pasta di semola. Vedremmo, in questo caso, che il contributo di sale è molto maggiore rispetto ai 20 grammi del Parmigiano. Non si devono innalzare barriere inutili».
Se questa proposta dovesse essere approvata dall’Onu e poi applicata dai singoli Stati, l’Italia rischierebbe di perdere oltre 41 miliardi di export e potrebbe arrivare un rincaro nella spesa delle famiglie.
«Bisognerà valutare i diversi orientamenti che prenderanno i diversi Paesi. Però c’è un problema all’origine. Una mossa che potrebbe favorire le industrie di additivi o sostituti chimici. E un pericolo concreto. Il punto da capire è: l’effetto finale per il consumatore qual è? Grassi saturi e sale in eccesso creano un danno alla salute, il tema è corretto. Ma si rischia di penalizzare cibi che in etichetta riportano le diciture esatte».
La soluzione quale sarebbe?
«O l’Oms adotta una visione complessiva del problema o i ristoranti, che mettono a tavola il sale libero, devono pagare una tassa. Ma entriamo nel regno dell’assurdo. Comunque l’obiettivo per noi è di andare sotto la soglia dell’1% di sale. E chiaro, però, che per dei prodotti non stagionati e più freschi come il Parmesan diventerebbe molto più facile rispettare questo paletto, con la conseguenza di agevolare le imitazioni dei Dop».
Fonte: QN