Europa, sempre più Europa. L’Europarlamento oggi più che mai, grazie soprattutto all’adozione del Trattato di Lisbona, che gli riconosce iniziativa legislativa anche in alcune materie prima esclusive della Commissione, si sta muovendo per fronteggiare importanti questioni sul mondo dell’agricoltura, e quindi del cibo e dei consumatori.
Attualmente l’impegno è sul versante dell’etichettatura degli alimenti al fine di indicarne la provenienza, e sull’approfondimento delle norme in materia di prodotti agricoli di qualità. Di fronte a tante incertezze e soprattutto ai tanti imbrogli che si sono verificati nel campo alimentare negli ultimi tempi, l’obbligo per i produttori di indicare il luogo d’origine sembra arrivi finalmente a rassicurare i consumatori, e a scongiurare fenomeni come quello dei pelati cinesi che si spacciavano per italiani o l’olio fatto con le olive dei paesi orientali etichettato come mande in italy. Il nuovo provvedimento impone infatti per gli alimenti non trasformati, i prodotti monoingrediente e gli ingredienti primari di alimenti a base di carne o prodotti lattiero-caseari, l’indicazione in etichetta della provenienza territoriale. Ciò significa che a giugno, quando l’iter normativo sarà terminato, prodotti quali la passata di pomodoro, gli oli, le confetture ed i succhi a base di frutta, non dovranno più temere i loro “falsi” concorrenti che utilizzano materie prime dalla dubbia provenienza. Si tratta di un’importante evoluzione per il comparto agroalimentare europeo, e che è il risultato di un eccellente lavoro di squadra tra il presidente della commissione agricoltura, Paolo De Castro, i suoi membri, tra cui l’eurodeputato Scottà, la commissione ambiente del PE e il Consiglio UE dell’Agricoltura.Passi avanti anche in materia di prodotti di qualità per i quali è stata proposta una riforma del sistema europeo di regole e azioni volto alla promozione della qualità alimentare intesa non solo come elemento di garanzia per il consumatore ma, soprattutto, quale leva per permettere ai nostri produttori di essere maggiormente competitivi, in un mercato più vasto e concorrenziale. E’ alla luce di questo dinamismo che bisognerebbe guardare all’Europa con uno spirito diverso, perché la “food politic” da cui Noi dipendiamo giornalmente quando ci sediamo a tavola passa per forza da Bruxelles.