«La Regione sostiene fortemente la procedura che porta alla stesura del disciplinare e alla richiesta della DOP per l’oliva taggiasca». A sciogliere le riserve di fronte alla spaccatura nel settore olivicolo ligure è l’assessore regionale all’agricoltura Stefano Mai. «Sono dieci anni che si gira intorno a un progetto di salvaguardia dell’oliva tipica del ponente ligure, oggi così diffusa e richiesta a livello commerciale – spiega Mai – Credo ci siano stati troppi fraintendimenti e una mancanza di informazioni che hanno portato a ipotizzare scenari non realistici. La partita in ballo è troppo importante per il futuro dell’agricoltura. La taggiasca si sta diffondendo in Spagna, Portogallo, Albania, nella nostra Puglia. Senza una protezione al posto di olive produrremo more, considerato che i nostri uliveti diventeranno rovi».
Legare la taggiasca, che è ormai un brand e non solo un cultivar, al territorio e “blindarla” attraverso la denominazione di origine protetta: un percorso che si realizza sostituendo nel registro varietale il nome dell’oliva con un suo sinonimo (gentile o giuggiolina). E formulare due distinte DOP, una “top” per l’Oliva Taggiasca (olio e oliva in salamoia) e l’altra dedicata più genericamente all’Olio Ligure di Levante e Ponente: lapartenza è quella di garantire la produzione regionale di olive in salamoia e olio extravergine identificabili con il termine “taggiasca” rendendo esclusivo l’uso di tale termine matutelando comunque tutta la produzione.
Una procedura senza accordo totale e che vede contrapporsi il comitato “Salva Taggiasca” del presidente Simone Rossi e del vice Livio Quaranta, con Gigi Benza e molti produttori e frantoiani: questa compagine intende salvare l’identità del prodotto imperiese bocciando però il passaggio taggiasca-giuggiolina e pensando piuttosto a una Dop esclusiva dell’oliva da mensa legata unicamente al territorio (come avviene ad esempio per l’olio e l’oliva di Nizza), quindi Riviera Ligure, con indicato in etichetta monocultivar taggiasca. «Solo in un secondo momento e con il rafforzamento della Dop, in termini di numeri, di rappresentanza e di riorganizzazione – dicono – si potrà pensare al passaggio successivo, ovvero alla sostituzione».
Fonte: Il Secolo XIX