Da poco più di un mese, il Consorzio per la tutela dell’olio extravergine d’oliva Toscano IGP ha festeggiato il compleanno: vent’anni, portati bene. La realtà presieduta da Fabrizio Filippi è giovane — nel senso di innovativa — tanto nelle idee quanto nei progetti. “Vogliamo avvicinare i ragazzi all’olivicoltura — dice Filippi — e non soltanto perché si tratta di una pratica nobile. La produzione dovrebbe crescere più del doppio per soddisfare i consumi attuali: c’è quindi una grande occasione per creare occupazione e anche business”.
Il ventesimo compleanno è stata anche l’occasione per fare un bilancio dell’attività e dei risultati raggiunti. “Siamo partiti un po’ in sordina — ammette il presidente — ma nel tempo abbiamo acquisito autorevolezza. La verità è che abbiamo vinto una scommessa, perché il nostro risulta un modello vincente: quando siamo partiti il consorzio era considerato come il parente povero delle DOP, oggi la IGP è la denominazione più ricercata anche all’estero. Grazie al nostro esempio, si sono costituiti altri consorzi IGP in Sicilia, Calabria, Marche e Puglia. Abbiamo aperto una strada”. Come? “Puntando su aggregazione e qualità” dice Filippi, a capo di una realtà che conta oltre 11mila soci, 300 frantoi (circa 1’80% della regione), 600 imbottigliatori e detiene il primato nazionale nel settore per quantitativi certificati, rappresentandone oltre il 40%. Il mercato estero assorbe oltre il 60% della produzione di olio Toscano IGP, che rappresenta ogni anno fra il 15 e il 25% della quantità di olio extravergine prodotto nella regione.
Il valore al consumo, in media, si attesta intorno ai 50 milioni di euro, con una quota relativa all’export di oltre 30 milioni. “Realizziamo 40mila quintali di prodotto all’anno — continua Filippi — se consideriamo soltanto quello con il contrassegno Toscano. Più o meno altrettanti finiscono nella vendita diretta o nell’autoconsumo. Risultati importanti, che ci danno solidità economica. La DOP è l’esaltazione della territorialità, ma con numeri meno rilevanti. E noi seguiamo tutte le fasi della lavorazione proprio come una DOP”. L’obiettivo ambizioso è “la rinascita dell’olivicoltura, perché la domanda cresce e l’offerta cala. Negli oliveti ci sono sempre meno persone, la coltura viene spesso considerata di complemento ad altre. Ma con nuovi impianti, più razionali, moderni ed efficienti, si possono realizzare incrementi produttivi. L’olivicoltura oggi più che mai è un’occasione soprattutto per i giovani, non un complemento: il consorzio cercherà, anche con un’apposita campagna, di avvicinare i ragazzi a questo settore”.
Per quanto riguarda i mercati di destinazione, la grande distribuzione assorbe buona parte della produzione riservata all’Italia; all’estero, sono Canada, Stati Uniti, Germania, Austria e Svizzera i Paesi forti. “C’è poi il Giappone: lì vogliono la qualità e sono disposti a pagarla bene. Proprio la qualità e la varietà sono i nostri punti di forza, questo ci viene riconosciuto”.
Fonte: QN