E tempo di olio nel Lazio. Verde smeraldo o di un corposo giallo-oro, al palato sempre delicato e dal profumo intenso: l’extravergine d’oliva, vera eccellenza del territorio, si appresta a vivere una nuova stagione. Le prime raccolte inizieranno tra poche settimane e promettono una decisa ripresa del settore colpito duramente dalla gelata del 2018.
«Abbiamo voluto anticipare il periodo tradizionalmente scelto per garantirne le qualità, dall’intensità del gusto ai profumi – spiega David Granieri, presidente di Coldiretti Lazio – Sarà un prodotto più costoso, perché raccogliere prima sacrificherà avere olive più piccole e quindi meno quantità, ma ne verrà fuori un olio che varrà di più». Il Lazio ha una produzione storica di 22mila tonnellate l’anno, livelli a cui non sarà facile tornare. Confessa Granieri: «Ci aspettiamo di raccogliere circa 12mila tonnellate», mille in più rispetto al 2019 quando gli ulivi, tra reimpianti e potature, hanno dimezzato la loro resa, servirà tempo per tornare alla normalità: «Tre o quattro anni – osserva – tempo permettendo».
Nel Lazio sono circa 300 i frantoi, con una mano d’opera che varia tra i 400 lavoratori fissi e i 3 mila stagionali. Quattro i marchi DOP presenti nella regione, tre nell’area a Nord di Roma, da oltre un millennio votata all’olivicoltura: Canino DOP, Sabina DOP e Tuscia DOP si distinguono per le decise fragranze del carciofo e della frutta secca. A Sud invece il Colline Pontine DOP ha un forte aroma di pomodoro.
Scendendo sul territorio, quello che tanti chiamano «l’oro della Sabina» ha un’antica tradizione: «E iniziato tutto nel 1915 con il frantoio costruito da mio nonno», conferma Pierluigi Ceccarelli, titolare dell’omonima azienda agricola che si estende per 65 ettari tra le dolci colline di Fara Sabina. Da oltre cento anni producono olio extravergine d’oliva esclusivamente con piante autoctone. Certificato DOP Sabina, quest’anno questa ditta è salita sul podio della XXVII edizione del concorso «Orli del Lazio – Capolavori del gusto».
«Il sapore varia tra la mandorla e il carciofo secondo le annate», fa notare Pierluigi. Non varia invece il metodo di produzione, attraverso «un decanter di ultima generazione». Nello specifico «la nostra è un’estrazione a freddo senza aggiunta di acqua – precisa -. Il meglio che si può trovare sul mercato». Da Rieti alla Tuscia la produzione si basa su qualità apprezzate anche dal mercato internazionale: «Esportiamo le nostre bottiglie nel Nord Europa e in Giappone fatturando 35omila euro l’anno», rivela Laura De Farri, titolare nel viterbese dell’azienda agricola Cerrosughero. Il suo olio è il «miglior DOP» secondo la guida Oli d’Italia del Gambero Rosso. Ma quali sono le sue caratteristiche? «E un Canino al 70%, fruttato medio, molto versatile: si abbina bene ad una grande quantità di piatti», lo descrive l’imprenditrice.
Non è l’unica azienda del territorio ad essersi aggiudicata uno tra i Premi Speciali 2020 della nota casa editrice specializzata in enogastronomia: è tra i Monti. Ernici il “miglior frantoio” dell’azienda agricola biologica Quattrociocchi. In campo nell’olivicoltura anche giovani talenti: Igor Antoniani, grafico 32enne, due anni fa ha deciso di trasferirsi sulle colline pontine per dare vita all’azienda agricola «Mater Olea». «Abbiamo a disposizione le varietà di olive Itrana, Frantoio, Sivigliana e Leccino. Con queste cerchiamo di fare un olio il più equilibrato possibile», spiega l’agricoltore. Ne risulta un prodotto d’eccellenza riconosciuto in tutto il mondo, come dimostrano i diversi premi vinti: dal Japan Olive Oil Prize all’Avpa Paris. E in questa nuova avventura Igor ha voluto portare qualcosa del suo vecchio lavoro: «Le bottiglie le ho disegnate io, così come il logo», una madre natura stilizzata coronata da foglie d’ulivo.
Fonte: Il Corriere della Sera – Ed. Roma