La prossima campagna olearia vedrà l’avvio della produzione dell’Olio di Puglia IGP. Il marchio certifica l’origine e un elevato standard qualitativo e sarà uno strumento per riconquistare spazio e reddito sui mercati.
Il Rapporto Ismea-Qualivita 2019, relativo alle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane DOP, IGP, STG, rivela che il valore economico delle produzioni a Indicazione Geografica in Italia supera i 16 miliardi di euro, con una crescita del 6% sull’anno precedente. Il sistema agroalimentare italiano gode, dunque, di un grande vantaggio competitivo anche grazie a 824 riconoscimenti a Indicazione Geografica (su un totale mondiale di 3.071), di cui 300 nel comparto del food (DOP, IGP e STG) e 524 in quello del vino (DOP e IGP), confermandosi il Paese con il maggior numero di prodotti certificati, prima della Francia (686) e della Spagna (336).
Secondo Raffaele Borriello, Direttore Generale Ismea, la reputazione che prodotti a Indicazione Geografica si conquistano sul mercato è dovuta agli elementi di identità distintiva declinati in autenticità, tradizione, gusto, tipicità, legame col territorio di origine, sicurezza, tracciabilità. Oltre un prodotto su quattro registrati come DOP, IGP, STG nel mondo è italiano, con un valore alla produzione che superai 16 miliardi di euro e con l’export che va oltre la soglia dei 9 miliardi, grazie al lavoro di oltre 180.000 operatori e l’impegno dei 285 Consorzi di tutela riconosciuti. Lo scenario incrementale e positivo dell’intero settore agro-alimentare non si riflette egualmente nella filiera olivicola olearia italiana, che nonostante la ricchezza varietale (più di 500 cultivar in tutta la penisola) e il più alto numero di riconoscimenti d’Europa (42 DOP e 5 IGP contro le 31 Indicazioni Geografiche di Spagna e Grecia) si traduce però in una produzione di olio certificato che non supera il 2%-3% del totale (tra 10.000 e 12.000 t/anno a fronte di una produzione media nazionale di 300-400.000 t/anno). La ricchezza varietale e l’enorme gamma di profumi e sapori che l’Italia può esprimere nel settore oleario è confermata dalla nascita della una nuova IGP “Olio di Puglia” che arricchisce il panorama delle Indicazioni Geografiche (IG) italiane approvate dalla Commissione Europea.
Come conferma il Rapporto Ismea-Qualivita 2019 la Puglia è prima regione Italiana produttrice di olio extravergine di oliva ad indicazione protetta, che con i suoi marchi DOP (Collina di Brindisi, Dauno, Terra di Bari, Terra d’Otranto e Terre Tarentine) immette sul mercato il 41% della produzione certificata italiana, in coerenza con i dati della produzione olearia totale nazionale che vedono la Puglia da sola produrre mediamente il 60% del prodotto nazionale. La procedura di riconoscimento della nuova IGP regionale, Olio di Puglia IGP, è stato un processo lungo che non ha risparmiato confronti, talvolta anche animati, tra i diversi attori della filiera; nell’analisi dei punti di forza e di debolezza di un nuovo marchio d`origine regionale e delle minacce ed opportunità che il prodotto avrebbe trovato nei mercati nazionali ed esteri, non è mancata, infatti, la domanda sulla opportunità di un nuovo marchio a fronte delle già esistenti Denominazioni d’Origine Protetta.
Il 29 maggio 2020 si è costituito a Bari, presso la CCIAA, dove ha pure sede l’Organismo di Controllo della denominazione, il Consorzio per la tutela e la valorizzazione dell’olio extravergine di oliva a Indicazione Geografica Protetta “Olio di Puglia”. Il C.d.A. è formato da 11 membri: 7 della categoria dei produttori, 2 della categoria dei molitori e 2 della categoria degli imbottigliatori. L’Ing. Pantaleo Piccinno, olivicoltore di Caprarica di Lecce, è stato eletto neopresidente del Consorzio IGP “Olio di Puglia”, in continuità con il grande lavoro fatto nell’ambito dell’associazione promotrice. A supportarlo la vice-presidente Maria Di Martino. Il Consiglio costituente si è dato il compito di implementare l’inizio dell`attività del Consorzio, dando avvio ad una campagna di iscrizioni da parte di tutti gli operatori attualmente iscritti presso O.d.C. (circa 400), chiedendo, quanto prima, il riconoscimento al Ministero. A regime il consorzio avrà il compito di delineare le strategie necessarie ad assicurare agli iscritti il vantaggio competitivo stabile e duraturo che un così lungo e impegnativo percorso di riconoscimento deve assicurare, attraverso costanti azioni di monitoraggio e verifica di molteplici aspetti, quali il rapporto con il mercato, il posizionamento del prodotto, l’evoluzione della domanda e degli stili di consumo, l’appropriatezza dei canali distributivi utilizzati, la percezione della qualità e l’efficacia delle politiche di comunicazione.
Fonte: Olio e Olivo