Nel settore Olio d’oliva italiano qualcosa potrebbe veramente cambiare: tra risorse stanziate per fronteggiare l’emergenza Xylella e le iniziative messe in piedi con i due piani olivicoli predisposti al ministero delle Politiche agricole, si sta profilando una vera e propria “terapia d’urto” per il comparto. Secondo i tecnici del Ministero delle politiche agricole a disposizione degli olivicoltori c’è una corposa fiche finanziaria che supera i 40o milioni di euro. La parte preponderante (circa 30o milioni) derivano dal Piano per la rigenerazione olivicola della Puglia a seguito dell’epidemia di Xylella fastidiosa. Ma non sono le uniche risorse. Circa 13 milioni derivano dal Bando per i Contratti di distretto dedicati alla Xylella con scadenza per le relative domande al prossimo 18 maggio. A questi vanno aggiunti gli 8 milioni del DL Emergenze agricole in corso di adozione al Mise e i 3o milioni del precedente Piano olivicolo già spesi. Senza dimenticare i 3o milioni a fondo perduto all’interno dei 4 contratti di filiera olivicoli già in corso e i 22 milioni con finanziamento agevolato del Fondo Fri della Cassa depositi e prestiti. Insomma le risorse ci sono ma decisivo sarà il gioco di squadra.
«In questi mesi drammatici – ha commentato la ministra per le Politiche agricole, Teresa Bellanova– abbiamo chiesto alla Distribuzione di portare sugli scaffali più prodotti italiani, compreso l’olio. E abbiamo chiaro che davanti a noi c’è una doppia sfida: produrre di più e valorizzare meglio il prodotto. È giusto interrogarci su scelte che in questi anni da noi, a differenza di altri Paesi, sono mancate o non hanno prodotto i risultati sperati. Decisivo sarà il rapporto anche con la grande distribuzione e Confesercenti che per questo abbiamo voluto al Tavolo di settore perché dobbiamo ragionare in termini di filiera allargata. Abbiamo formulato loro un appello alla cautela sulle promozioni sull’olio che troppo spesso finiscono per svilire il prodotto. Siamo d’accordo che il prezzo non possa essere inaccessibile ma al tempo stesso se si vende sempre sotto i costi di produzione la filiera non avrà mai la giusta remunerazione. Occorre equilibrio».
Infatti, consumare made in Italy, nel settore del food & beverage non è affatto scontato, perché molti segmenti produttivi dipendono dall’estero per le materie prime, e talvolta non solo per quelle. Tra questi l’olio d’oliva. Il conto – ormai noto – è presto fatto: l’Italia produce circa 3oomila tonnellate di olio (nelle annate positive) ne consuma 5oomila e ne riesporta circa 3oomila. Pertanto per far quadrare i conti deve acquistare all’estero tra le 400mila e le 5oomila tonnellate l’anno. Olio in gran parte importato dalla Spagna (nel 2019 il 79%) e che spesso finisce in blend con extravergine italiano, bottiglie commercializzate poi tanto in Italia quanto all’estero. D’altro canto fu proprio per differenziare i blend di oli di diversa origine dall’extravergine 100% italiano che fu avviatala battaglia sulla trasparenza, salvo perdere poi di vista l’emorragia produttiva italiana.
Eppure non è stato sempre così. C’è stata un`epoca neanche tanto lontana, in cui l’Italia era leader mondiale. Nella campagna 1995-96 furono prodotte 62omila tonnellate, quasi il doppio delle 337mila della Spagna di allora. Da quel momento però la produzione spagnola è esplosa collocandosi a partire dal 200o stabilmente al di sopra del milione di tonnellate e allargando sempre più il divario con l’Italia. Un gap diventato oceanico lo scorso anno (nella campagna 2018-19) quando la Spagna ha toccato quota 1,79 milioni di tonnellate, oltre 1o volte le 173mila prodotte dall’Italia. A partire dagli anni ‘1o (all’indomani dell`obbligo di indicazione dell’origine) nei frantoi italiani sono state prodotte meno di 5oomila tonnellate l’anno con picchi particolarmente negativi – complici l`emergenza Xylella e le condizioni meteo avverse – nel 2014-15 (222mila tonnellate), nel 2016-17 (182mi1a) e nel 2018-19 (173mila). Dati che sono stati nel tempo sottovalutati e che invece chiariscono quanto poco sia stato investito in questi anni sulla produzione di olio in Italia.
Fonte: Il Sole 24 Ore