Uno studio condotto dall’Università degli Studi di Padova, in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli Federico II, sulle preferenze dei consumatori italiani per prodotti DOP e generici etichettati con Nutri-Score, evidenzia le principali criticità legate all’adozione di questo strumento
Sovrappeso e obesità rappresentano una delle principali sfide globali per la salute, colpendo il 60% della popolazione (OMS, 2021) e incidendo per il 7% sulla spesa sanitaria complessiva per la prevenzione e il trattamento di queste patologie. Per promuovere abitudini alimentari più sane, le etichette nutrizionali fronte pacco si sono affermate a livello globale come strumenti efficaci, capaci di offrire informazioni semplici e immediate sul profilo nutrizionale degli alimenti. Diversi Paesi europei hanno adottato queste etichette su base volontaria e la Commissione Europea, nell’ambito della strategia Farm-to-Fork, ha proposto di renderle obbligatorie, individuando nel Nutri-Score il candidato più promettente. Il Nutri-Score classifica gli alimenti in cinque categorie, dalla più salutare (A, verde scuro) alla meno salutare (E, rosso), basandosi su una valutazione nutrizionale complessiva per 100 g di prodotto e considerando il contenuto di alimenti e nutrienti da favorire nel consumo, come fibre, proteine, frutta e verdura e legumi, e il contenuto di elementi da limitare, come calorie, grassi saturi, zuccheri e sale. Questo sistema dovrebbe aiutare i consumatori a identificare più rapidamente le opzioni più salutari all’interno di una stessa categoria di alimenti. Tuttavia, nonostante vari Paesi utilizzino il Nutri-Score come etichetta nutrizionale fronte pacco, la sua adozione a livello comunitario suscita ancora dibattiti e resistenze. Mentre in Francia, primo Paese europeo a introdurlo nel 2017, le iniziali opposizioni dell’industria agroalimentare sono diminuite nel tempo, in Italia il Nutri-Score è ancora oggetto di controversie politiche, perché percepito come penalizzante per i prodotti della dieta mediterranea e per le certificazioni note come Indicazioni Geografiche, soprattutto di origine animale. Anche in Spagna sono emerse preoccupazioni simili, con rappresentanti del governo che ritengono che il Nutri-Score possa penalizzare prodotti simbolo della tradizione culinaria nazionale, come l’olio d’oliva. Secondo quanto emerso in letteratura, i prodotti con Nutri- Score negativo tendono a subire una riduzione della disponibilità a pagare da parte dei consumatori, con conseguente calo di prezzi e volumi di vendita. Sebbene questo sia in linea con le raccomandazioni dell’OMS e con gli obiettivi della strategia Farm-to-Fork di ridurre il consumo di grassi saturi, sale e calorie, l’introduzione di questa etichetta può rappresentare una sfida per le IG. Questo assume particolare valore se consideriamo che, nonostante la qualità delle IG sia attribuita principalmente all’area geografica di produzione e non a specifici valori nutrizionali, studi recenti hanno dimostrato che i prodotti DOP sono spesso più sani dei generici, perché privi di additivi, come nel caso dei nitriti e nitrati nel Prosciutto di Parma DOP. Anche se apparentemente non sovrapposte, la coesistenza di informazioni contrastanti – sia positive (come IG) che negative (come il Nutri-Score D o E) – sulla confezione di uno stesso prodotto potrebbe confondere i consumatori, riducendo il valore percepito delle certificazioni IG.
Alice Stiletto
assegnista di ricerca presso il Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali (TESAF) dell’Università degli Studi di Padova.Samuele Trestini
Professore Associato presso il Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali (TESAF) dell’Università degli Studi di Padova e direttore del Centro Interuniversitario di Contabilità e Gestione Agraria, Forestale e Ambientale (CONTAGRAF).Riccardo Vecchio
Professore Associato presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Scienze Agrarie. Attualmente, professore a contratto presso la KEDGE Business School di Bordeaux.Luigi Cembalo
Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Scienze Agrarie. È stato direttore del CRISP (Centro di ricerca interdipartimentale sulla “Earth Critical Zone”) e membro del SESS (Centro di Simulazione dei Sistemi Socio- Ecologici, Danimarca).
Metodologia
Nonostante la rilevanza del tema, pochi studi scientifici hanno analizzato l’impatto del Nutri-Score sulle preferenze dei consumatori per i prodotti di qualità, specialmente in mercati non ipotetici. Per fare luce sul tema, il Dipartimento TESAF dell’Università di Padova e il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli hanno condotto un’asta sperimentale su 188 consumatori italiani, analizzando le loro preferenze espresse in termini monetari, ovvero la disponibilità a pagare per prodotti generici e IG etichettati con Nutri-Score. Questo approccio, largamente impiegato nell’economia sperimentale per identificare le preferenze reali dei consumatori, riproduce un contesto di acquisto non ipotetico. I partecipanti sono invitati a indicare la loro massima disponibilità a pagare per i prodotti proposti (Figura 1) in due diverse fasi: una in cui i prodotti non presentano l’etichetta Nutri-Score (Round 1) e una in cui gli stessi prodotti sono etichettati con il Nutri-Score (Round 2). Al termine dell’esperimento, viene selezionato uno dei prodotti oggetto di studio e, se la disponibilità a pagare del partecipante per quel prodotto è maggiore o uguale al prezzo di mercato di quel bene, estratto casualmente da un insieme predefinito di suoi possibili prezzi di mercato, il partecipante acquista effettivamente il prodotto al prezzo di mercato estratto. Questa metodologia minimizza le distorsioni nelle stime della disponibilità a pagare, fornendo una rappresentazione più precisa e affidabile delle preferenze dei consumatori.
Nutriscore
Il Nutriscore è un sistema di etichettatura nutrizionale che assegna un punteggio ai prodotti alimentari in base alla loro composizione nutrizionale. Va da A (più sano) a E (meno sano), e dovrebbe aiutare i consumatori a prendere decisioni informate sulla qualità nutrizionale degli alimenti. Tuttavia questo sistema semplifica eccessivamente la valutazione della qualità nutrizionale, non considerando la complessità della dieta individuale. Il Nutriscore non valuta infatti aspetti fondamentali come il contenuto di micronutrienti (es. vitamine e amminoacidi) e la porzione assunta. Questo sistema rischia di penalizzare alimenti tradizionali come l’olio extravergine di oliva, universalmente riconosciuto come salutare, favorendo prodotti altamente processati e di scarso valore nutrizionale.
Risultati
I risultati dello studio, rappresentati graficamente in Figura 2, evidenziano chiaramente il ruolo cruciale del Nutri-Score nel guidare le preferenze dei consumatori e nell’influenzarne la disponibilità a pagare. In particolare, i consumatori si sono mostrati disposti a pagare in media 24 centesimi in più per un pacco di pasta da 500 g etichettato con Nutri-Score = A, indipendentemente dal tipo di prodotto (convenzionale o certificato Pasta di Gragnano IGP). Questo dato sottolinea l’efficacia dell’etichetta nel valorizzare i prodotti percepiti come più salutari, anche nel caso dei prodotti DOP e IGP. Al contrario, i prodotti con un punteggio negativo (Nutri- Score = D) registrano una riduzione della disponibilità a pagare dei consumatori. Tuttavia, nel caso del Parmigiano Reggiano DOP, l’effetto negativo del Nutri-Score è completamente compensato dal valore positivo attribuito alla Denominazione di Origine. La solida reputazione del Parmigiano Reggiano DOP nel mercato nazionale sembra, infatti, generare un “effetto alone”, che estende il valore associato a una caratteristica specifica del prodotto, come la Denominazione di Origine, all’intero prodotto, aumentando l’utilità percepita dai consumatori. Sebbene questo risultato sia promettente, non trova ampio supporto nella letteratura scientifica: studi precedenti hanno infatti riscontrato effetti opposti nel caso di IG meno note, come la Casatella Trevigiana DOP o l’Asiago DOP, che sono, invece, ampiamente penalizzate dal Nutri-Score negativo. Ciò conferma che il valore percepito delle diverse IG non è uniforme, ma è strettamente legato alla reputazione che i consumatori vi attribuiscono. Per i prodotti che non si trovano agli estremi della scala nutrizionale (Nutri-Score = C), come la piadina, la presenza dell’etichetta non sembra invece avere un impatto significativo sulla disponibilità a pagare dei consumatori, sia nel caso dei prodotti generici che DOP IGP.
Conclusioni
Analizzando più approfonditamente i fattori che influenzano le preferenze dei consumatori, emerge che una corretta interpretazione dell’etichetta Nutri-Score è un fattore cruciale nelle scelte d’acquisto; quanto più un prodotto è percepito come nutrizionalmente valido, tanto maggiore è la disponibilità dei consumatori a pagare per acquistarlo. Questo vale non solo quando i consumatori interpretano correttamente un prodotto con Nutri-Score = A come “salutare”, ma anche quando, fraintendendo l’etichetta, considerano un Nutri-Score = D come segnale di alta qualità nutrizionale, sottolineando come la percezione di salubrità rappresenti un fattore determinante nelle decisioni di acquisto e come una corretta interpretazione dell’etichetta sia fondamentale per orientare le scelte alimentari dei consumatori. Analogamente, la fedeltà dei consumatori verso le IG influisce in modo significativo sulle loro preferenze monetarie. Paradossalmente, i consumatori che più apprezzano i prodotti IG tendono a ridurre maggiormente la loro disponibilità a pagare per questi prodotti quando vengono etichettati con il Nutri-Score, anche nel caso di valutazioni nutrizionali positive. Vedendo che ai prodotti DOP e IGP viene attribuito lo stesso profilo nutrizionale dei corrispettivi generici, questi consumatori potrebbero sentirsi “traditi” nelle loro aspettative, riducendo di conseguenza la loro disponibilità a pagare. Questo fenomeno assume particolare rilevanza alla luce delle più recenti evidenze scientifiche, che vedono sempre più consumatori ritenere le IG non solo come sinonimo di tradizione e autenticità del prodotto, ma anche come beni più salutari, nonostante tale caratteristica non siano una condizione richiesta e certificata dalle IG. In conclusione, i risultati dello studio dimostrano che l’etichetta Nutri-Score genera premi e penalità nelle preferenze monetarie dei consumatori, premiando i prodotti con punteggi elevati (Nutri-Score = A) e penalizzando quelli con punteggi negativi (Nutri-Score = D). Tuttavia, per le IG ben conosciute, come il Parmigiano Reggiano DOP, la penalizzazione attribuita al Nutri-Score è annullata dalla presenza della Denominazione di Origine. La reputazione consolidata e la percezione di alta qualità delle IG giocano quindi un ruolo fondamentale nel preservare la preferenza dei consumatori per questi prodotti, mitigando l’impatto di un’etichettatura nutrizionale sfavorevole. Questo effetto, però, non si estende a IG meno conosciute, dove la differenza di valore tra prodotti IG e generici tende a ridursi in presenza del Nutri-Score. Inoltre, lo studio ha evidenziato l’importanza di colmare il deficit di comprensione del Nutri- Score da parte dei consumatori, specialmente in Paesi come l’Italia, dove l’etichetta non è ancora stata implementata. Questo potrebbe contribuire a ridurre l’asimmetria informativa, favorendo un uso più efficace dell’etichetta nel guidare le scelte alimentari dei consumatori, limitando gli impatti negativi sulle IG.
Titolo
The impact of nutri-score on consumers’ preferences for geographical indications. Evidence from a non-hypothetical experiment.Autori
A. Stiletto, R. Vecchio, L. Cembalo, S. TrestiniFonte
Appetite, Volume 199, 1 August 2024
https://doi.org/10.1016/j.appet.2024.107400Abstract
La strategia Farm to Fork (F2F) dell’UE promuove l’adozione obbligatoria di un’etichetta nutrizionale sul fronte della confezione per migliorare la dieta dei cittadini e supportare scelte alimentari più sane. Nel dibattito pubblico, il Nutri-Score (NS) è il candidato più favorito. Sebbene ampiamente sostenuto, il NS incontra opposizioni politiche e da parte dei produttori, principalmente a causa dell’impatto economico che potrebbe avere su specifici settori alimentari, in particolare sulle Indicazioni Geografiche (IG). La letteratura recente ha evidenziato la necessità di approfondire ulteriormente questo tema. Il presente studio contribuisce a colmare questa lacuna analizzando le preferenze monetarie dei consumatori per i prodotti IG etichettati con diversi livelli di NS. È stato condotto un esperimento non ipotetico incentivato su 188 consumatori italiani, utilizzando prodotti rappresentativi di vari livelli di NS. In particolare, l’indagine ha considerato una pasta convenzionale e la Pasta di Gragnano IGP (NS = A), una piadina convenzionale e la Piadina Romagnola IGP (NS = C) e un formaggio duro convenzionale e il Parmigiano Reggiano DOP (NS = D). I risultati mostrano che il NS genera risposte favorevoli o sfavorevoli nelle preferenze dei consumatori, rispettivamente in linea con i punteggi A e D. La percezione di salubrità del prodotto influisce significativamente sulla disponibilità a pagare (WTP) dei consumatori, aumentandola. I risultati evidenziano l’importanza di strategie di comunicazione efficaci all’interno dell’UE per il raggiungimento degli obiettivi della strategia F2F. Tuttavia, il NS riduce il premio di prezzo associato alle IG, indipendentemente dal livello di NS, tra i consumatori che apprezzano maggiormente le IG. Le IG più note, però, non subiscono questo effetto negativo, poiché il valore positivo associato alla loro reputazione compensa l’impatto sfavorevole del NS.Bibliografia essenziale
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A cura della redazione
Fonte: Consortium 2024_04