Vino in continua evoluzione: basta una lieve variazione – un po’ più di pioggia, un po’ più di sole – per farne mutare lo stile, la personalità e l’importanza. Oggi, le regioni viticole più rinomate si trovano in fasce geografiche piuttosto ristrette, che le rendono automaticamente più sensibili agli effetti del clima rispetto a quanto normalmente avviene per altre colture
Gli islandesi produrranno vini rosé? E in Borgogna, i vignaioli dovranno abbandonare il pinot nero per passare al syrah? Possono sembrare domande bizzarre, ma non lo sono. Perché l’atlante del vino è un libro in continua evoluzione. Oggi, le regioni viticole più rinomate si trovano in fasce geografiche piuttosto ristrette, che le rendono automaticamente più sensibili agli effetti del clima rispetto a quanto normalmente avviene per altre colture.
Basta una lieve variazione – un po’ più di pioggia, un po’ più di sole – per far mutare lo stile, la personalità, l’importanza di un vino. Ma c`è un fenomeno dalla portata ben più ampia che sta diventando il peggior incubo di alcune aree vitate e al tempo stesso sta spalancando le porte ai pionieri di nuovi territori: il cambiamento climatico, che sta determinando un riscaldamento globale sempre più complesso da gestire per chi lavora la terra.
In un recente studio, il professore Gregory Jones, climatologo della Southern Oregon University negli Stati Uniti, afferma che in 50 anni la fascia geografica favorevole alla coltura della vite si è velocemente avvicinata di 180 km ai poli. Dunque, è sempre più lecito chiedersi: in Scozia le verdi valli saranno presto invase dalle barbatelle? Proprio la Gran Bretagna è uno dei casi più emblematici. Grazie al clima più caldo, in Inghilterra nascono ogni anno nuove cantine, dal Kent al Sussex, e non solo: si vinifica nell`Hampshire, nell`Isola di Wight, in Cornovaglia, nell`Oxfordshire, nel Galles e persino nei dintorni di Londra. Il patriottismo della Brexit si traduce in ettolitri. E i vini sono così competitivi da superare, negli assaggi alla cieca, quelli di molti altri Paesi, Italia e Francia compresi. Il terreno calcareo e il clima fresco rendono il sud-est inglese un luogo ideale soprattutto per la produzione di spumanti, così i francesi, rimasti a lungo alla finestra, da un po’ di tempo hanno iniziato a investire oltre Manica.
Una cosa è certa: se per qualcuno il “climate change” è un rovello, per altri può diventare una straordinaria opportunità. Negli ultimi anni, già molti Paesi non proprio baciati da Bacco sono entrati a far parte della grande famiglia del vino: Russia, Canada, Giappone, Polonia e addirittura Svezia, dove 100 ettari di viti resistono al grande freddo. Con latitudini prossime al Polo Nord, nei dintorni di Malmoe c`è Vingkden i Klagshamn che si cimenta nella viticoltura eroica sfruttando le lunghe giornate estive, ma anche lo sviluppo di nuovi vitigni resistenti che richiedono meno calore.
Uno di questi è il Solaris, un ibrido tedesco a bacca bianca che ben si è adattato al clima scandinavo e il cui periodo di maturazione è breve. A Gotland, un’isola nel mezzo del mar Baltico, l’enologo Andrea Guerra e la compagna Emma Serner hanno fondato I_Angmyre Vineri, un’azienda bio in cui il savoir-faire italiano incontra la consapevolezza svedese. La loro prima vendemmia risale all’autunno scorso, dopo aver piantato 26 mila viti ibride
su una superficie di 5 ettari. “Tra 10 anni – dicono – saremo in grado di produrre 40 mila bottiglie annue: siamo convinti che la Svezia sia una realtà enologica emergente e siamo fieri di essere tra i primi a credere in questo territorio”.
C`è del vino anche in Danimarca, dove sono attive una novantina di cantine, e in Norvegia. D’altra parte, i climatologi sostengono che nei prossimi 50 anni la Scandinavia potrebbe guadagnare 6 gradi, avvicinandosi alle temperature attuali della Francia settentrionale. In America, i vigneti della Napa Valley sono minacciati da quelli del Montana, del Michigan e dello stato di Washington, mentre il Canada è diventato uno dei principali produttori di icewine. Le temperature più alte stanno estendendo le zone adatte alla maturazione dell’uva anche in Argentina e in Cile e molti esperti sono convinti che l’America del Sud sarà la nuova regione vinicola dei prossimi anni. Ma non occorre andare così lontano per osservare gli effetti del cambiamento climatico sulla vitivinicoltura.
Nel Sud Piemonte, la corsa in salita alla ricerca di terre buone e temperature fresche è già iniziata da tempo. Lo dimostra il successo dell’Alta Langa, lo spumante metodo classico prodotto con le uve pinot nero e chardonnay di vigneti coltivati sopra i 250 metri di altezza, ma che ormai si spingono sempre più in alto, fino a sfiorare i mille metri, dove fino a pochi anni fa c`erano solo boschi e noccioleti. E se un tempo i vecchi, per capire quali erano i vigneti più vocati, dicevano di guardare dove la neve si scioglieva prima, è molto probabile che nel futuro i criteri per valutare saranno diversi, con la ricerca di posizioni meno esposte al sole.
Fonte: Specchio – La Stampa