Amadori aggiunge “pollo pronto” alla gamma enorme, di oltre 500 prodotti in 1.700 “declinazioni”, tutti 100% italiani. Da Amadori, storica azienda cesenate, vogliono fare sempre di più e meglio e così, in questi giorni, hanno lanciato la linea Qualità 10+, pollo allevato a terra senza uso di antibiotici. Anche perché perfettamente consapevoli che le persone sono sempre più attente a ciò che mangiano, alla qualità degli alimenti e all’informazione sui cibi. E chiedono anche una gamma più ampia e, sempre più spesso, piatti pronti, non solo tipici della cucina tradizionale made in Italy ma pure con commistioni esotiche.
Piatti che vanno incontro anche ai desideri di uno spaccato della società che segue percorsi alimentari diversi da quelli classici: i vegetariani, i vegani, i patiti del bio e oggi, poi, ecco i flexitariani, che mangiano la carne ma solo in quantità limitate e allora Amadori preparano un piatto col 30% di pollo e il 70% di verdure. Consumatori che non rappresentano più, come qualche anno fa, una parte marginale ma sono in costante crescita. Così, l’azienda romagnola che detiene il 30% del mercato macellando, 2,5 milioni di polli la settimana e nel 2017 ha superato 1,2 miliardi di euro di fatturato, ha puntato all’innovazione. D’altra parte, sottolinea Francesca Amadori, nipote del fondatore Francesco, “se negli anni’70 le vendite del busto intero di pollo rappresentavano il 90% del mercato italiano, oggi non viene praticamente più cucinato”.
Stessa storia per petti e cosce. Inevitabilmente l’azienda si sposta sui prodotti elaborati che sono già il 55% delle vendite del marchio e nell’ultimo quadriennio hanno registrato una crescita superiore al 15% l’anno. Allora per i pigri in cucina, o coloro che non hanno tempo, ecco le zuppe pronte (anche per distributori automatici), i piatti unici pollo-cereali, i kebab, gli hamburger e l’immancabile, per fortuna, cotoletta classica.
Innovazione non solo del prodotto destinato “ai fornelli”, ma logicamente alle strutture aziendali, perché la sostenibilità è al primo posto: per un gruppo con 6 stabilimenti, 7 incubatori, 6 mangimifici, oltre 800 allevamenti e oltre 7.600 collaboratori non solo è fondamentale l’attenzione alla salute animale ma un fondamento è la politica ambientale ed energetica, con il 30% di energia autoprodotta da impianti fotovoltaici, da cogenerazione e biogas e il monitoraggio dei consumi idrici: lo stabilimento di Mosciano, nel Teramano, “vive” al 100 per 100 di energia rinnovabile, quello di Cesena al 80%. Perché, spiega il dg Francesco Berti, “nel piano 2018-2022 puntiamo a crescere nelle quote di mercato con tecnologie sempre più moderne ed efficienti per un prodotto sempre più competitivo”. Una competizione non facile: “Siamo i sesti produttori in Europa – sottolinea il direttore marketing, Emiliano Di Lullo – ma è difficile l’esportazione perché siamo preceduti da Paesi quali Francia, Germania, Inghilterra e dalla numero uno, la Polonia”. Anche se, con il 35% degli italiani che rientrano nella nuova famiglia dei reduciani (quelli che mangiano sempre meno carni rosse) il consumo di pollo non può che sperare di crescere.
Fonte: Avvenire