L’offensiva alle produzioni di qualità agroalimentari italiane continua e prende forza con sue nuove trilaterali che attaccano sul tema nutrizionale
Due nuove trilaterali portano un’offensiva all`agroalimentare italiano senza precedenti. Il motivo? Sta in questi ntuneri: il nostro Paese con lo 0,34 per cento di superfice coltivata del mondo (16,7 milioni di ettari, su 5 miliardi di cui 3,4 miliardi destinati a pascolo, e poi sotto accusa è la nostra zootecnia…) produce un volume di valore stimabile in circa 552 miliardi (più o meno il 15 per cento del nostro Pil considerando tutti gli indotti).
Per rendere l`idea: le 10 multinazionali che da sole controllano il 70 per cento del mercato e hanno una platea di 500 brand fatturano 480 miliardi, e la produzione agricola dell`Europa vale 432,6 miliardi. Così è scattata l`invidia del bene, con la «b» come buono. Ecco finalmente i protagonisti della manovra.
La prima trilaterale è formata da istituzioni mondiali: Commissione europea, Onu e Fao, l`organizzazione mondiale del cibo e dell`agricoltura. La seconda trilaterale è formata da Stati europei: la Francia che tutela la grande distribuzione, l`Olanda che ospita le sedi fiscali dei colossi dell`agroalimentare e la Germania che cerca di sfamare la Cina mettendo fuori gioco la concorrenza italiana.
Perciò al prossimo G20 agricoltura – il 17 e 18 settembre a Firenze, città sede dell`Accademia dei Georgofili, la più antica e autorevole istituzione di studio agricolo del mondo – si dovrebbe rilanciare la Carta di Milano. «È da lì» dice Mauro Rosati, direttore di Fondazione Qualivita, «che bisogna partire, serve una scossa culturale, politica ed economica per tutelare il modello italiano, altrimenti molti dei nostri prodotti sono a rischio. Ma la battaglia va fatta anche in Europa contro la strategia “farm to fork”, che vorrebbe rendere sostenibile la produzione alimentare. Il punto è che sembra non esserci consapevolezza di questo rischio».
Fonte: Panorama