Nocciola del Piemonte IGP: entro il 2020 le colline piemontesi avranno 5mila ettari di nuove coltivazioni della “tonda gentile”. L’Alta Langa chiede un nuovo disciplinare per restringere l’area e distinguerla da altre meno pregiate. Un ulteriore balzo in avanti che conferma una tendenza ormai chiara, ben fotografata dall’elaborazione di Ismea dei dati Istat relativi alle superfici nazionali e locali investite a nocciolo negli ultimi cinque anni: a livello nazionale tra il 2010 e il 2015 c’è stato un incremento del +1,5% degli investimenti e del +2% della superficie in produzione e la crescita maggiore è stata registrata in Piemonte: nella provincia di Cuneo, da sempre la più produttiva, si è passati da 8.051 a 10.621 ettari (+32%), in quella di Asti da 2.453 a 3.333 ettari (+36%). Ma anche nell’Alessandrino la corsa al nocciolo ha portato la superficie da 214 a 1.423 ettari, con un balzo addirittura del +565%.
Riconosciuta come la “migliore nocciola al mondo”, da tempo anche l’industria ha scoperto le grandi potenzialità di un prodotto capace di impreziosire praline e snack (basta citare la Ferrero per capire la dimensione di un fenomeno che ovviamente va ben oltre le dimensioni regionali). La constatazione da parte di Coldiretti, d’altra parte, è che l’Italia, e tanto meno il Piemonte, non può pensare di stare al passo con i grandi produttori come la Turchia o come i nuovi paesi dell’Est :”Dobbiamo puntare sull’alta qualità del nostro prodotto e lottare per vedere riconosciuta l’origine delle nocciole sulle etichette”. Ecco allora che dalle colline albesi è partita la richiesta di modificare il disciplinare della Nocciola Piemonte IGP per restringere le aree di produzione, o almeno per avere la possibilità di distinguere la “tonda gentile” dell’Alta Langa dalle altre con qualità inferiore, creando una DOP che valorizzi la sua eccellenza.
Fonte: La Stampa