Nervi saldi e no a ritorsioni smisurate per i dazi su acciaio e alluminio decisi da Trump. Coldiretti teme «un effetto a valanga» e Confagricoltura auspica di «scongiurare la guerra commerciale», Confederazione Italiana Agricoltori parla di una «una disputa da evitare», Federalimentare afferma «No a protezionismi ma basta con una globalizzazione basata sul dumping» e da Alleanza Cooperative Alimentari si sottolinea che «a fronte di consumi interni stagnanti verrebbero fortemente penalizzate le nostre vendite negli USA, sbocco prioritario per le nostre produzioni di eccellenza». Un coro unanime di voci che si uniscono a quella della Fondazione Qualivita, che giorni fa ha lanciato un appello al nuovo Parlamento contro l’introduzione di dazi e in favore delle denominazioni d’origine, già sottoscritto da oltre 280 firmatari tra associazioni, Consorzi di tutela e aziende: «L’iniziativa è nata spontaneamente da alcuni imprenditori del settore che girano il mondo e sono preoccupati per quanto sentito durante la nostra campagna elettorale», spiega Mauro Rosati, della Fondazione Qualivita.
>> ADERISCI ALL’APPELLO <<
Ernesto Abbona, presidente dell’Unione Italiana Vini, non pensa solo al proprio settore: «Dopo i danni ricevuti dall’embargo verso la Russia — denuncia – adesso non possiamo tollerare nuovi contraccolpi negativi nel Food e Wine per dinamiche commerciali a noi estranee. Le ritorsioni UE contro i prodotti alimentari USA sono pericolose visto che l’Europa esporta circa 22 miliardi di euro di prodotti alimentari verso gli Stati Uniti e ne importa per 11,8 miliardi». Numeri che, tradotti in italiano, significano 3,8 miliardi di export contro gli appena 951 milioni di importazioni, e che fanno degli USA il terzo mercato di sbocco dell’agroindustria italiana dopo Germania e Francia e prima della Gran Bretagna. La torta dell’export verso gli USA, secondo Ismea, è costituita per la metà dai comparti del vino (1,3 miliardi di euro) e dall’olio (500 milioni). Rilevante anche il peso delle esportazioni di formaggi e latticini (289 milioni), pasta (244 milioni), prodotti dolciari (198 milioni) e ortofrutta trasformata (196 milioni).
Fonte: Il Messaggero, Il Gazzettino