La pergola veronese, i muretti a secco e i terrazzamenti, l’appassimento e un’organizzazione sociale fatta da tremila viticoltori, riuniti in una cooperazione virtuosa, che ogni giorno con fatica coltivano le uve su suoli vulcanici e calcarei. Sono questi i valori e le antiche tradizioni che hanno consentito alle terre del Soave di diventare il primo paesaggio storico rurale italiano legato alla viticoltura riconosciuto dalla Fao come Patrimonio agricolo di rilevanza mondiale (Giahs). Un club ristretto che comprende 57 straordinari paesaggi in 21 Paesi in tutto il mondo e che in Italia ha solo una seconda testimonianza con la Fascia olivata Assisi-Spoleto. La produzione della vite e del vino nella zona di Soave risale all’epoca dell’impero romano, ma è da 200 anni che le colline venete sono diventate un sistema agroeconomico in grado di fornire sostentamento a un gran numero di famiglie.
La viticoltura è caratterizzata dalla simbiosi tra i vitigni Garganega (l’80% della produzione) e Trebbiano di Soave (il restante 20%) ed è completamente orientata alla produzione di un vino tipico, il Soave DOC, che è uno dei più famosi bianchi italiani, esportato in 80 Paesi. Oltre ad esso c’è una piccola produzione di un prodotto tipico chiamato Recioto di Soave che è realizzato con l’antica tecnica di appassimento dell’uva, che trova le sue radici dal Medioevo.
Cinque parole chiave «Soave – spiega Sandro Gini, presidente del Consorzio Tutela Vino Soave – è un sistema economico circolare che è riuscito a rimanere competitivo grazie alla cooperazione e all’innovazione e questo riconoscimento, arrivato un paio di mesi fa, ci colloca tra i più importanti sistemi agricoli e vitivinicoli al mondo».
Al riconoscimento non è un traguardo – aggiunge il direttore Aldo Lorenzoni – ma un punto di partenza per i tanti progetti che stiamo impostando per la conservazione dinamica di questo sito. Tutto il sistema produttivo sta andando nella stessa direzione, fatta di sostenibilità e di fiducia nel futuro». Ed è proprio puntando sulla sostenibilità che il Consorzio del Soave ha presentato nei giorni scorsi un virtuoso modello di gestione avanzata del vigneto basato su cinque parole chiave: conoscenza, competenza, condivisione, misurazione e validazione. Il modello, che verrà attivato all’interno di tutta la filiera produttiva, è stato riunito in un documento di sintesi che di fatto anticipa le indicazioni della Regione Veneto sulle tematiche di preservazione di suolo, acqua, aria, biodiversità e paesaggio. «
La conservazione dinamica e la gestione del paesaggio – spiegano dal Consorzio – sono le visioni che hanno guidato l’operatività consortile. E che possono diventare valore vero per il nostro territorio. Quello del Soave è ad oggi l’unico consorzio italiano che utilizza il protocollo della biodiversità come sistema di misura. Un termometro in grado di valutare l’incidenza delle fasi produttive su terra, acqua e aria».
Fonte: La Stampa