C’era una volta l’Italia, regno mondiale del pomodoro e dei suoi derivati. Un’iconografia che ha fatto la storia dell’industria conserviera, oltre che della pasta. E cosa dire del frutto fresco, che assieme a Basilico Genovese DOP e all Mozzarella STG dà i natali alla “caprese”. Ebbene: oggi in Europa un pomodoro venduto su tre viene prodotto in Olanda, mentre un pomodoro su quattro arriva da Spagna e Marocco. L’Italia – secondo le analisi commerciali della spagnola Icex – è solo al settimo posto in Europa nella esportazione di pomodoro, alle spalle anche di Germania, Portogallo, Belgio e Francia. Nel 2015, anche a causa delle avverse condizioni climatiche e in conseguenza agli accordi con la UE, Paesi Bassi e Spagna hanno ridotto i quantitativi esportati entro i confini curpci a favore del Marocco (+14,33°%). Ma il vero boom dell’export di pomodoro ha interessato la Polonia (+137%), il Belgio (+22%) e la Germania (+21%).
E l’Italia? alle prese con una profonda crisi del Pomodoro di Pachino IGP nel comprensorio siciliano, con la lotta per salvare nome e economia del Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino DOP, lo scorso anno l’Italia ha visto scendere del 6,4% l’export del proprio “oro rosso” nell’Unione europea. Una crisi irreversibile? Può essere. Certamente una crisi, quella del pomodoro, che segue quella di altri prodotti dove un tempo l’Italia era leader assoluta. Un esempio? Gli agrumi e poi le pesche. Il fatto è che senza accorte politiche commerciali, senza la concentrazione dell’offerta e senza strategie lungimiranti i nostri produttori rischiano di perdere altre battaglie. Appare ormai chiaro che orma, da sola, la qualità, non è sia più sufficiente alla tutela delle nostre produzioni di eccellenza.
Fonte: Il Sole 24 Ore