Il presidente del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte Fontana: “Capacità delle aziende e riscoperta dell’assoluta vocazione del territorio attraggono molti giovani verso questo mondo produttivo”.
L’Alto Piemonte è un luogo ricco di fascino dove il territorio, protetto dai venti gelidi del Nord, beneficia invece dei venti freschi dei ghiacciai che creano nei vigneti il microclima ideale per l’intensità aromatica e la coltivazione del Nebbiolo. Agli inizi del ‘900 la superficie vitata dell’Alto Piemonte era di circa 40.000 ettari, più o meno il comparto vitato attuale di tutta la Regione; in seguito ci fu un progressivo abbandono delle campagne che portò a una drastica riduzione delle superfici vitate, ma negli ultimi decenni molti giovani sono tornati alle vigne. Tutte le denominazioni locali stanno nuovamente crescendo e l’Alto Piemonte si sta riprendendo il suo spazio. Consortium ha intervistato Andrea Fontana, presidente del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte, che dal 1999, tutela e promuove le dieci storiche DOP: due DOCG (Gattinara e Ghemme) e otto DOC (Boca, Bramaterra, Colline Novaresi, Coste della Sesia, Fara, Lessona, Sizzano e Valli Ossolane), prodotte nelle province di Biella, Novara, Vercelli e Verbano Cusio Ossola. Piccole produzioni che complessivamente ammontano a circa il 1.5/2 % della produzione Piemontese, di cui il 50% è rappresentato dalla DOC Colline Novaresi, seguita da Gattinara (18%), Ghemme (8%) e Coste della Sesia (5%), mentre le altre sei denominazioni si divido il circa 15%. Attualmente le aziende che aderiscono al Consorzio rappresentano la quasi totalità della produzione, con marchi di antichissima tradizione e altri di nascita recente. Il fascino del Nebbiolo ha fatto il giro nel mondo e nel diciannovesimo secolo furono impiantate barbatelle di Nebbiolo anche negli Stati Uniti (California e Washington) e oggi il Nebbiolo è coltivato in piccole quantità anche in Australia, Messico e in Austria.
Presidente Fontana, è vero che il Nebbiolo può vantare un legame unico con il territorio di origine e che, se impiantato fuori da Piemonte e Lombardia, non trova né identità né anima?
Nel mondo si trovano viti di Nebbiolo in areali insospettabili. Ma sicuramente i vini provenienti dalle aree vocate e storiche come Langhe, Roero, Alto Piemonte e Valtellina, dove si trova oltre il 70% della superficie coltivata a Nebbiolo, rispecchiano, con diverse sfaccettature, ciò che ci si aspetta da un bicchiere di Nebbiolo. Questo perché il terroir porta a degli archetipi di tipicità. Nel caso del Nebbiolo, nei suoi areali citati prima, queste caratteristiche sono molto riconoscibili anche con sfumature diverse; è questa la vera forza del Nebbiolo.
Cosa rende unico questo vino? Cosa sta facendo il Consorzio per la promozione in Italia e all’estero e quanto sono importanti le azioni del Consorzio per l’immagine del prodotto?
Coltivare e vinificare Nebbiolo dà molta soddisfazione, è come avere un vero amico sincero e schietto, che non tradisce con false aspettative; forse non è molto estroverso, anzi bisogna insistere un po’ per condividere con lui una bella esperienza, ma anche se te lo dimentichi lui c’è. Il Nebbiolo non è un vino immediato, non è il primo vino a cui i neofiti si approcciano, bisogna arrivarci con cautela per apprezzare a pieno tutte le sue potenzialità, per questo serve lavorare sulla promozione. Il Consorzio negli ultimi anni, grazie alla capacità di ottenere finanziamenti Regionali, sta portando avanti molte iniziative come Taste Alto Piemonte, una tre giorni al castello di Novara dedicata alla presentazione delle annate in commercio delle dieci DO del territorio. La manifestazione – che negli anni della pandemia si è svolta on line – è in continua evoluzione con nuove attività mirate sia al mercato europeo che nazionale, incoming di giornalisti e importatori, con manifestazioni che coinvolgono i canali Horeca. Il Consorzio organizza alcune tappe del Taste anche in diverse città italiane e all’estero – in Europa – in collaborazione con altri Consorzi di promozione. Queste iniziative hanno fatto crescere, nelle aziende associate, la consapevolezza di quanto sia più efficace e remunerativo, sia come costi che come ritorno di immagine, promuovere i propri prodotti congiuntamente al territorio vocato.
Le aziende associate hanno ricambio generazionale?
Direi di sì, abbiamo ottimi esempi di ricambi generazionali sia in aziende strutturate che in aziende più artigianali e mi piace pensare che oltre alla capacità delle singole aziende di gestire questa fase molto delicata, questo fenomeno sia dovuto anche alla riscoperta dell’assoluta vocazione del nostro territorio nella produzione di ottimi vini, un fattore che sta attraendo molti giovani verso questo mondo produttivo.
La produzione vitivinicola locale è un importante volano per il turismo sul territorio?
Sicuramente sì, ed è importante organizzare iniziative in sinergia. Molte delle nostre attività promozionali sono svolte in collaborazione con altri Consorzi/associazioni di tutela e valorizzazione di DOP locali, come ad esempio quello del Gorgonzola DOP e l’associazione Strada del Riso Vercellese di Qualità.
La siccità di questa torrida estate 2022 sta condizionando la prossima vendemmia?
Vi aspettate un forte calo di produzione? La situazione attuale non ci lascia ben sperare, servono i temporali estivi; per i vigneti con una certa età non siamo ancora al limite di sopportazione, ma ci stiamo per arrivare; altro discorso riguarda i giovani impianti che stanno soffrendo molto di più lo stress idrico. Siamo un territorio vasto con diversità climatiche, esposizioni e tipologia di terreni sostanziali che in annate come queste portano ad avere contesti altamente disomogenei, quindi al momento non è facile fare previsioni, molti produttori stanno alleggerendo il carico produttivo in modo da non stressare ulteriormente le viti, ma tutti sperano in un fine estate positivo, d’altronde in questo mestiere bisogna essere ottimisti sempre di più.
La ripresa post-Covid purtroppo è coincisa con la guerra in Ucraina. Dal settore vitivinicolo si segnalano difficoltà di approvvigionamento di alcuni materiali, come le bottiglie in vetro, cosa ci possiamo aspettare?
Di fronte a queste problematiche non bisogna demoralizzarsi, ma lavorare seriamente e consapevolmente, per sprecare il meno possibile le risorse a disposizione. Quando è iniziata la pandemia si prospettava un futuro terribile per i nostri vini, visto che la maggior parte del consumo avviene nei ristoranti, in realtà gli imbottigliamenti sono rimasti costanti. Le situazioni di crisi devono stimolare cambiamenti di strategia e il ruolo del Consorzio può fare la differenza.
A cura della Redazione
Fonte: Consortium 2022_03