Primo importatore al mondo, quarto produttore e sesto esportatore: mercato USA del vino in crescita e sempre più maturo
Dati aggiornati e analisi di settore su specifici mercati di riferimento. Un osservatorio per Consorzi, aziende e operatori del comparto IG utile ad approfondire le principali evoluzioni nello scenario degli scambi internazionali e dei mercati più strategici per il Food e Wine certificato made in Italy.
In questo numero – a cura dell’Osservatorio Qualivita Wine – un’analisi sul mercato del vino negli Stati Uniti e sul ruolo degli USA nello scenario mondiale del settore.
Il ruolo degli Stati Uniti nel settore del vino è sicuramente uno dei più strategici e interessanti da analizzare: da una parte perché gli USA rappresentano da anni il primo consumatore e importatore al mondo (nonché prima destinazione dell’export vinicolo italiano), ma anche perché – nonostante si tratti di un “mercato storico” – quello statunitense è uno scenario in continua evoluzione, con modelli di consumo che mutano e spazi di crescita ancora ampi per i big player mondiali. Quello americano si configura come un mercato sempre più complesso e maturo, grazie al consolidarsi delle abitudini di consumo dei millenials (nuovo target di riferimento), alla crescita delle bollicine e all’affermarsi dei vini a denominazione d’origine: evoluzioni che i prodotti italiani di qualità non possono che guardare con favore, cercando di analizzare a fondo i trend del settore e aggredire i nuovi spazi con opportune azioni di marketing e attività di promozione.
Anno nero UE, bene USA
Se lo scenario della produzione mondiale di vino per il 2016 presentava numeri in calo, le stime per il 2017 prevedono un risultato addirittura storico, con un crollo al minimo degli ultimi 50 anni: secondo dati OIV, infatti, non si supereranno i 250 milioni di ettolitri, per un calo del -8,6% rispetto al 2016 e del -3,2% perfino sul “terribile” 2012. In Europa si stima una diminuzione del -14,6% in un solo anno, a causa soprattutto degli eventi meteorologici che hanno danneggiato i tre big player Italia (-17%), Francia (-19%) e Spagna (-20%), che da sole coprono il 45% della produzione mondiale. In questo contesto gli USA, quarto produttore mondiale di vino, tengono con un volume di 23,3 milioni di ettolitri – di poco inferiore a quello del 2016 – e vedono crescere il proprio peso sulla produzione vinicola mondiale, passando dal 7,9% nel 2015 a una quota del 9,3% nel 2017.
Sempre più import USA
Ma se lo scenario globale mostra una produzione vinicola in calo, al contrario gli scambi internazionali crescono e da quindici anni a questa parte si registra un trend positivo dovuto in buona misura all’aumento dei consumi da parte dei Paesi tradizionalmente non produttori. La quantità commercializzata di vino nel mondo è passata da 60 milioni di ettolitri nel 2000 a 108 milioni di ettolitri nel 2017, per un aumento del +80% in meno di vent’anni (OIV), con un giro d’affari che dai 12 miliardi di euro di inizio millennio è passato ai 30,4 miliardi di euro nel 2017 (+153%), con un trend che negli ultimi cinque anni è stato del +18,8% in valore e +7,4% in quantità (Ismea su dati Global Trade Atlas-IHS). In questo quadro mondiale gli USA rappresentano un protagonista assoluto e si confermano il primo importatore di vino in valore, con 5,2 miliardi di euro nel 2017, ed il terzo in termini di volumi, con oltre 12 milioni di ettolitri (UN Comtrade). La domanda complessiva USA è aumentata significativamente negli ultimi cinque anni crescendo in valore di oltre il +30%, mentre rispetto all’ultimo triennio, dopo il notevole aumento del valore delle importazioni nel 2015 e uno “stallo” nel 2016, si rileva una nuovo incremento nel 2017 del +4,5% in valore e del +8,0% in volumi. Numeri significativi per il mercato più importante del mondo, che lascia ancora ampi margini di penetrazione, se si considera che i due terzi delle importazioni statunitensi di vino si concentrano in soli cinque Stati.
Il testa a testa Italia-Francia
La crescita dei consumi e dell’import da parte degli USA è senz’altro una buona notizia per l’Italia, che vede negli Stati Uniti il primo mercato di sbocco capace di assorbire il 23,5% delle esportazioni di vino made in Italy, ovvero 1,4 miliardi di euro su un totale di 5,99 miliardi di euro di export nel 2017 (Istat). L’Italia insieme alla Francia si spartisce la fetta più importante del vino straniero che entra negli USA e i due Paesi da soli coprono circa il 63% del valore dell’import statunitense di settore (UN Comtrade). E proprio su questo fronte si consuma una “sfida all’ultima goccia” fra vino italiano e francese.
L’Italia dal 2009 ha conquistato la leadership come primo importatore in valore negli USA e solo nel 2017 è stata raggiunta dalla Francia (in realtà superata di poco, 5 milioni di euro su un totale di 1.650 milioni di import), anche se gli ultimi dati disponibili parlano di un nuovo controsorpasso dell’Italia ai danni della Francia nel primo bimestre 2018: 243 milioni di euro per il prodotto made in Italy contro 227 milioni di euro per quello francese (Vinitaly-Nomisma). Nei fatti, al di là delle classifiche e degli slogan allarmisti o sensazionalisti, in termini di valore l’Italia e la Francia rappresentano i primi due fornitori del mercato più importante del mondo e l’evidenza da sottolineare, semmai, è la crescita negli ultimi cinque anni più sostenuta per il vino francese, passato da una quota del 27% del totale speso dagli USA per importazioni nel 2013 fino oltre il 31% nel 2017 (Ismea). Incoraggiante perciò, per quanto parziale, il risultato relativo al primo bimestre 2018 per tutti gli operatori del settore in Italia.
New consumers e made in Italy
Con una stima di 32,6 milioni di ettolitri nel 2017 (OIV), gli USA confermano la loro posizione di primo consumatore mondiale dal 2011, con il livello della domanda interna in crescita del +3% sul 2016 (e oltre +25% in dieci anni).[blockquote size=”fourth” align=”right” ]Il 65% degli americani ha bevuto vino almeno una volta nell’ultimo anno[/blockquote]
Il 65% degli americani ha bevuto vino almeno una volta nell’ultimo anno, soprattutto fra i millennials (69%) – che rappresentano il primo target tra i consumatori – e nelle metropoli, New York su tutte, dove i “wine-addicted” sono il 71%. (Vinitaly-Nomisma). Il 74% della spesa complessiva per vini stranieri è rappresentato dai vini in bottiglia (esclusi gli spumanti), quota che sale al 79% nel caso delle importazioni dall’Italia e significativo è anche il livello degli spumanti che rappresentano il 20% dell’import sia complessivo sia dall’Italia (Ismea). Negli ultimi cinque anni la spesa USA per spumanti importati è salita complessivamente del +70%, mentre quella relativa al prodotto proveniente dall’Italia è più che raddoppiata (+111%) sull’onda del “fenomeno” Prosecco.
Ma tornando al binomio Italia-Francia, se la quota di mercato è simile, ben diverso è il posizionamento di prezzo e questo nonostante il 94% dei consumatori ritenga che il vino italiano abbia una qualità uguale o superiore a quello francese, tanto che l’88% sarà disposto a pagarlo di più in futuro (ICE). E lascia ben sperare il fatto che nell’ultimo quinquennio il gap tra valore medio del vino francese e quello italiano si sia leggermente ridotto da 3,50 €/litro nel 2013 a 2,97 €/litro nel 2017 (Ismea).[blockquote size=”fourth” align=”right” ]Negli ultimi 5 anni +111% la spesa USA per gli spumanti italiani[/blockquote]
Tutt’altro che un mercato stabile, perciò, gli Stati Uniti restano un contesto complesso da interpretare, che spesso smentisce le previsioni ed ha mostrato nel tempo segnali di controtendenza anche in fasi di recessione economica. Ed è ancora più incerta la situazione oggi, con la “guerra sui dazi” che l’amministrazione Trump sta portando avanti su più fronti anche rispetto all’Unione Europea. Eppure, questo non può scoraggiare gli operatori italiani (lo dimostrano i primi risultati del 2018), ma al contrario deve rappresentare uno stimolo ad approfondire lo studio e la conoscenza di un mercato che continua a mostrare un potenziale enorme e opportunità di crescita sempre nuove.
A cura di Giovanni Gennai (Osservatorio Qualivita Wine)
Fonte: Consortium 2018/00