Manodopera agroalimentare, il rapporto della Fai-Cisl: cresce lo sfruttamento anche al Centro-Nord. 362 mila immigrati occupati nel settore, pari al 31,7% delle giornate di lavoro registrate.
C’è fino al 50% di manodopera straniera dietro al made in Italy agroalimentare. Anche se i dati ufficiali parlano di 362 mila immigrati occupati nel settore, pari al 31,7% delle giornate di lavoro registrate, quando si tiene conto del sommerso i numeri reali sono molto più alti.
È quanto emerge dal rapporto “Made in ImmigritaIy”, il primo commissionato dalla Fai-Cisl al centro studi Confronti sui lavoratori immigrati nell’agroalimentare.
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L’agricoltura però è anche il settore più a rischio sfruttamento della manodopera immigrata: quasi la metà dei provvedimenti giudiziari e delle inchieste condotte tra il 2017 e il 2021 hanno riguardato il lavoro nei campi. Le regioni del Mezzogiorno sono le più colpite, ma lo sfruttamento è cresciuto anche al Centro-Nord.
Se nel 2017, su 14 procedimenti, 12 riguardavano il Sud, nel 2021 siamo passati a un rapporto di 28 su 49.
Non si tratta più solo di caporalato tradizionale: dal rapporto della Fai emergono sempre più nuove forme di appalto e subappalto illecito, orchestrate mediante società di
copertura intestate a prestanome o false cooperative.
“Il lavoro degli immigrati nelle filiere dell’agroindustria nazionale rimane in gran parte invisibile”. Ha detto il segretario generale della Fai-Cisl, Onofrio Rota, alla presentazione del rapporto ieri al Cnel.
“I dati raccolti dimostrano il carattere essenziale del contributo immigrato al made in Italy“.
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Fonte: Il Sole 24 Ore