L’assenza della grande distribuzione italiana all’estero? Per Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, non è un ostacolo all’export made in Italy: «La richiesta di prodotti italiani nel mondo è tale, ormai, che nei supermercati c’è comunque uno scaffale dedicato al made in Italy, a prescindere dalla proveninenza della catena distributiva che li possiede. La vera domanda, piutttosto, è: quegli scaffali, sono tutti occupati da prodotti realmente italiani?». Se insomma l’export agroalimentare italiano vale 41 miliardi di euro, e i prodotti Italian sounding valgono 9o miliardi, vuol dire che nei supermercati esteri il made in Italy ha ampi margini di miglioramento.
Se lo spazio nella Gdo straniera per il made in Italy c’è, le imprese italiane troppo spesso si fanno trovare impreparate dal punto di vista della logistica: «Le grandi aziende – dice Scordamaglia – devono investire di più nelle piattaforme distributive, innescando anche meccanismi di collaborazione con le imprese più piccole. La copertura dell’ultimo miglio è diventato l’obiettivo fondamentale». Nemmeno un accordo come quello tra Carrefour e Tesco, per creare un’unica centrale acquisti, preoccupa Scordamaglia: «Certo, chi ha troppa capacità negoziale non deve abusarne, ma ho fiducia nelle regole contro le pratiche sleali in procinto di essere approvate a Bruxelles».
Più che spingere la grande distribuzione nazionale all’estero, l’Italia deve accelerare con le campagne di comunicazione e sensibilizzazione dei consumatori stranieri: «L’Ice, in quest’ottica, è il soggetto principale – ricorda il presidente di Federalimentare – per questo è importante che uno strumento, anche finanziario, come il Piano straordinario per il made in Italy che si concluderà quest’anno, da straordinario diventi ordinario e strutturale. Su questo tema abbiamo registrato l’attenzione del ministro per l’Agricoltura, Gian Marco Centinaio, e sono ottimista che il governo possa andare nella giusta direzione».
Fonte: Il Sole 24 Ore
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