L’agroalimentare made in Italy si conferma un “must” per molti consumatori stranieri, ma la cifra mossa dall’export è di quasi 37 miliardi di euro rispetto a un potenziale di almeno 70 miliardi, con un paniere molto limitato di prodotti copre oltre il 90% del fatturato complessivo, che per 24 miliardi di euro è generato addirittura da scambi con le sole nazioni di Germania, Francia e Regno Unito. Questi numeri son stati messi al centro del dibattito dell’iniziativa che la Cia ha promosso ieri a Roma presso l’Associazione Stampa Estera.
A fronte di una produzione nazionale che vanta oltre 5.847 tra cibi tradizionali e denominazioni di origine, l’Italia porta sulle tavole dei consumatori internazionali non più di 200 “veri” prodotti del made in Italy. L’Italia produce ad esempio ben 523 vini certificati DOP e IGP, ma i consumatori mondiali possono conoscerne meno di una dozzina: questo perché gli altri non sono facilmente reperibili sui loro mercati. Quindi, mentre i consumatori internazionali trovano l’Aceto Balsamico di Modena IGP, il Grana Padano DOP e il Parmigiano Reggiano DOP, il Prosciutto di Parma DOP e il Prosciutto di San Daniele DOP, il Pecorino Romano DOP e il Gorgonzola DOP, ignorano tanta parte dell’offerta di qualità certificata del Paese.
Recenti studi e analisi, su come “vengono percepite” le produzioni italiane all’estero, dicono che ben 4 consumatori stranieri su 10 giudicano la qualità dei nostri cibi superiore rispetto a quella locale, il 43% degli statunitensi chiede più made in Italy nei supermercati e ben il 74% dichiara di essere disposto a riconoscere un prezzo maggiorato sui prodotti, a patto che siano 100% italiani. La domanda è forte, ancora di più se si considerano quei Paesi praticamente vergini negli scambi con l’Italia o le realtà emergenti come l’Asia.
Fonte: cia.it