Vino e sostenibilità: si chiama sostenibilità la nuova sfida del vino probabilmente più famoso al mondo, lo Champagne.
Un percorso che va avanti da anni e che è stato sintetizzato da Pierre Naviaux, chef de projet développement duratile del Comité de Champagne nel corso dell’edizione 2020 (la quinta, la prima interamente in streaming) dell’Académie du Champagne organizzata dal Bureau du Champagne Italia.
Una giornata che si è articolata in tre seminari: negli ultimi Sylvie Collas, responsabile del servizio del Comité Xhampagne e Bernardo Corticelli, ambasciatore dello Champagne per l’Italia nel 2015, hanno guidato i partecipanti a una degustazione di sei differenti cuvée alla scoperta delle molteplici sfaccettature di questo vino mito ma troppo spesso vittima di semplificazioni e luoghi comuni.
Il primo seminario è stato invece dedicato a come la Champagne sta affrontando il fatidico tema della sfida ai cambiamenti climatici. Del resto anche la regione francese risente del problema, con una temperatura media aumentata di 1,1 gradi negli ultimi trent’anni, ciò che ha provocato un anticipo della vendemmia di 18 giorni e acidità totale calata di 1,3 grammi per litro. Effetti finora minimi e anzi in qualche caso benefici.
Ma in futuro sarà ancora così? Probabilmente no. Per questo nella Champagne fin dal 2003 si valutano scenari alternativi. Fin dal 2003 nella Champagne si calcola l’impronta carbonica della filiera, con l’obiettivo di diminuire del 75 per cento delle emissioni entro il 2050. Contribuisce a ciò anche la diminuzione del peso della bottiglia da 900 a 835 grammi. Altri obiettivi, impiantare vitigni alternativi, contrastare l’impatto del clima in vigna e in cantina, e una maggiore percentuale di superfici vitate iscritte al disciplinare che certifica la viticoltura sostenibile (ora siamo al 15 per cento).
Fonte: Il Giornale