A distanza di neppure quattro mesi dai documenti pubblicati dal Dipartimento USA per il commercio (USTR) i cui si manifestava la volontà di limitare l’influenza delle Indicazioni Geografiche sotto la spinta della potente lobby del food, il 3 ottobre 2017 dodici tra le maggiori associazioni agricole ed agro-alimentari degli Stati Uniti d’America ha inviato, al Presidente Trump, una lettera ufficiale molto dura contro il riconoscimento delle Indicazioni Geografiche europee negli accordi commerciali attualmente in fase di negoziazione.
In sostanza si dice nella lettera “Le attuali negoziazioni tra Ue e i principali mercati del export USA sulle IG mettono in pericolo gli agricoltori USA”. Quello che si configura è una nuova richiesta di attacco frontale da dalla potente industria alimentare USA guidata dal “Consorzio denominazioni generiche” (Consortium for Common Food Names, Ccfn), uno strumento di lobby che avanza direttamente al Presidente richieste di intervento diretto, in particolare nell’ambito dei negoziati bilaterali che l’Unione Europea sta portando avanti con Messico e Giappone, due mercati considerati, dalle dodici associazioni, strategici per l’export food USA.
“L’Ue – scrivono le organizzazioni – sta attualmente negoziando con queste due nazioni sulle IG per assicurarsi il monopolio su alcuni nomi comuni quali parmesan, millesimato, bologna. Se gli USA esprimono fermamente la loro preoccupazione con Messico e Giappone, l’importanza di salvaguardare i nomi e termini comuni per essere utilizzati da tutti, le due nazioni possono essere più inclini a prendere le decisioni giuste“. Una esplicita richiesta di intervenire nei negoziati tra i diversi Paesi coinvolti.
Un appello accorato con azioni di intervento che vanno nella direzione di delegittimare l’impianto sostanziale delle Indicazioni Geografiche, in particolare del legame di origine tra denominazione e luogo geografico. “Attraverso l’intervento di coordinamento degli operatori del settore realizzato dal Consortium for Common Food Names (CCFN) – si afferma nella lettera – il Giappone e il Messico sono chiamati a rivedere attentamente la lista delle IG per fare si che non siano inclusi i “nomi comuni” e che solo legittimi termini composti (come “Feta greca” o “Asiago italiano”) possono essere protetti, e non i termini generici come “feta” o “Asiago”. Una giusta, accettabile tutela dei IG che non falsi il commercio e non abbia un impatto negativo sulla capacità degli Stati Uniti d’America di competere a livello internazionale può essere raggiunta solamente garantendo una tutela forte dell”utilizzo di nomi comuni. Fino a quando vogliono tutelare prodotto a IG come la patata di Idaho o il Parmigiano Reggiano DOP, noi non abbiamo nessuna obiezione, ma l’Ue sta aggressivamente cercando di “confiscare” un nome comune come il parmesan”.
A firmare l’appello a Trump, come detto, dodici grandi organizzazioni di cui sicuramente sentiremo ancora parlare: American Farm Bureau Federation, Brewers Association, Consortium for Common Food Names, Grocery Manufacturers Association, International Dairy Foods Association, National Council of Farmer Cooperatives, National Milk Producers Federation, North American Meat Institute, United Fresh, U.S. Dairy Export Council, USA Rice, Wine Institute.
La prima occasione di confronto internazionale sul tema ci sarà a breve, l’11 ottobre a Bergamo, durante l’iniziativa, collegata al G7 dei ministri dell’Agricoltura, “G7GI Conference”, un meeting delle organizzazioni del settore delle Indicazioni Geografiche (IG) di tutto il mondo chiamate a confermare l’importanza del modello agricolo e agroalimentare delle IG con una strategia politica di livello globale.
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Fonte: Fondazione Qualivita