Direttore Giuseppe Liberatore qual é il segreto della continuità dei successi del Chianti Classico?
«Molti di questi successi dipendono anche dal nuovo assetto che ci siamo dati in seguito allarevisione del nostro disciplinare produttivo. La Gran Selezione ci sta premiando moltissimo. E’ stata una scelta giusta, inizialmente accolta con scetticismo: siamo partiti con 30 aziende, oggi siamo ad oltre 100 che hanno deciso di farla. E’ una tipologia di produzione identificata come la migliore aziendale ed il mercato lo sta capendo».
Finalmente crescono anche i consumi interni. Gli italiani sono tornati a bere?
«Sono molto soddisfatto di questo dato, perché nonostante il periodo di crisi degli ultimi aiuti, abbiamo continuat ad investire sul mercato Italiano. I risutati di oggi ci danno ragione. Non possiamo pensare di essere bravi nel mondo senza di essere riconoscibili a casa nostra.
I confini dei mercati internazionali sono sempre più ampi. Si parla d’ anni della Cina come nuova frontiera per il vino italiano. Cosa manca per sfondare?
«La Cina non può non essere un mercato del futuro, anche se oggi risulta non pronto per i nostri vini. Scontiamo la mancanza di un’operazione dì cultura dei nostri vini. La Cina ha subito l’influenza francese per 30 anni ed è quindi dura per loro immaginare un vino di qualità al di fuori di quelli francesi. L’operazione che serve fare in Cina deve prevedere di informare ed educare al nostro vino. Qui mi auguro che la Regione Toscana riesca a metterere un cappello comune per iniziative di ad hoc. In un mercato ampio come quello cinese e impensabile di andare ognuno per conto suo. Rischiamo di buttare soldi».
Fonte: La Nazione