In occasione della «Giornata nazionale della qualità agroalimentare», promossa dal Ministero delle Politiche Agricole in collaborazione con Ismea, è stato presentato il «Rapporto 2015 sulle produzioni italiane agroalimentari e vitivinicole DOP, IGP e STG», elaborato dalla stessa Ismea e dalla Fondazione Qualivita. Alla presentazione ha partecipato anche il Ministro Maurizio Martina, che ha sottolineato opportunità e criticità: «I dati – ha affermato – ci dicono che c’è un potenziale inespresso enorme da liberare, soprattutto al Sud”. In effetti i dati del Rapporto dicono che l’Italia è prima per prodotti riconosciuti DOP e IGP dall’Unione Europea. Nel 2015, oltre 523 vini, i «food» erano 278; altri 4 si sono aggiunti a inizio 2016: ne abbiamo circa 50 più della Francia, e 100 più della Spagna, nostri principali concorrenti in questo settore.
I risultati molto positivi dell’export agroalimentare nel 2015 (prodotti agricoli +11,2%, industria alimentare e delle bevande +6,5%), pubblicati dall’ Istat il giorno precedente l’incontro, non devono far dimenticare una riflessione del Ministro: «Oggi le prime 10 DOP e IGP nazionali sviluppano l’80% del fatturato. Dobbiamo far salire questa lista almeno a 20 prodotti nei prossimi 3 anni». La partita dei 50 miliardi di export agroalimentare entro il 2020 è appena cominciata. L’obiettivo, lavorando con impegno e competenza, può essere anche raggiunto. Ma dobbiamo porci una domanda: questa crescita delle esportazioni, interessando in misura consistente i prodotti a denominazione di origine e indicazione geografica, valorizzerà l’agricoltura italiana oppure sarà soprattutto un’operazione commerciale e industriale? Il Rapporto testimonia che siamo sulla buona strada per la prima soluzione: nel 2014 l’export complessivo del «food» agroalimentare è cresciuto, rispetto all’anno precedente, del 7,7% mentre quello dei prodotti DOP e IGP del 13%.
Fonte: L’Informatore Agrario