Come sta il settore agroalimentare italianooggi e qual è lo stato di salute del nostro export di prodotti food & beverage? Le domande, che riguardano una delle punte di diamante del Made in Italy, sono quanto mai attuali alla luce del complesso scenario geopolitico e della congiuntura economica non favorevole.
Ne abbiamo parlato con Denis Pantini, Responsabile Agrifood e Wine Monitor Nomisma, intervistato per fare il punto dopo il primo semestre 2024.
“Il settore agroalimentare italiano, nonostante tutto gode ancora di buona salute, anche se va detto che non mancano i problemi, in particolare per la parte più a monte della filiera, vale a dire l’agricoltura Veniamo da anni di crescita costante, i nostri prodotti sono ben posizionati sui principali mercati globali e l’Italia è stabilmente al top tra i Paesi esportatori, con un export che nel 2023 ha raggiunto i 62 miliardi di euro, considerando i prodotti agricoli e quelli trasformati dall’industria alimentare. Complessivamente, tra il 2013 e il 2023 la crescita del nostro export è stata del +88%, una performance decisamente superiore rispetto a Francia e Germania. Alla luce di queste confortanti premesse, le prospettive per l’agroalimentare tricolore sono buone. Per altro il food & beverage italiano gode anche di ottima reputazione grazie all’elevata qualità dei nostri prodotti, che ci premia in molti paesi. Di contro, la difficile congiuntura economica e uno scenario geopolitico internazionale particolarmente complesso delineano un futuro denso di incognite. L’equilibrio è molto fragile, basta davvero poco per stravolgerlo. Pensiamo alle tensioni crescenti nel quadrante mediorientale e ai rischi che oggi gravano sui transiti commerciali nel Canale di Suez: le navi possono decidere di evitarlo, circumnavigando l’Africa per raggiungere i mercati asiatici, ma questo determina un evidente aumento dei costi e il rischio di deperimento delle merci trasportate. In più, registriamo in modo sempre più evidente gli impatti del cambiamento climatico, che si ripercuote in maniera negativa sulla produzione agricola, andando così a minare la sostenibilità economica dell’intera filiera agroalimentare italiana” – spiega Denis Pantini.
[…]
“Rispetto ad altri Paesi, come la Francia, che hanno insegne strutturate e diffuse, la grande distribuzione italiana non ha, al momento, una presenza nei mercati stranieri. E questo rende più difficile la presenza sugli scaffali dei nostri prodotti. Al contempo dobbiamo ricordare che i Consorzi dei prodotti ad Indicazione Geografica DOP e IGP non hanno una funzione di supporto diretto alla commercializzazione ma, piuttosto, svolgono un compito di tutela, valorizzazione e promozione delle eccellenze italiane” – spiega Pantini – “Tra i fattori di debolezza del nostro export agroalimentare va sottolineata anche l’estrema frammentazione del settore: su circa 50 mila aziende impegnate nell’industria alimentare, il 90% ha meno di dieci dipendenti. Quindi parliamo di imprese tendenzialmente medio-piccole che non hanno la forza, e spesso le competenze, per proporsi in modo adeguato sui mercati stranieri”.
[…]
Fonte: Nomisma Agroalimenteare