La Stampa
Il «made in» che rientra dalla porta principale dell’Europa, dopo essere stato allontanato in autunno, è una ciliegia sulla torta dell’auspicata nuova politica industriale del vecchio continente. Concorrerà a tutelare settori come tessile e alimentare dalle imitazioni cinesi o coreane, attraverso un’etichetta che indicherà la provenienza del manufatto, sia esso comunitario o no. La proposta era stata accantonata dallo stesso esecutivo Ue per mancanza di intesa in Consiglio, i paesi più liberisti che manifatturieri del Nord non la volevano. Adesso, dopo un voto all’Europarlamento, torna in un regolamento sulla tracciabilità e la sicurezza dei prodotti che la Commissione Ue varerà stamane. Potrebbe entrare in vigore entro il 2014. E’ un segnale di attenzione per le imprese e non è il solo. Comincia finalmente a dar frutti l’azione con cui il responsabile per l’Industria, Antonio Tajani, sta cercando di mettere insieme gli sforzi in favore del settore produttivo. Lo si è visto ieri nell’incontro con i principali attori della minacciata siderurgia, al quale hanno partecipato i vertici Arcelor-Mittal, come quelli di Arvedi, Riva e Tenarsi. Bruxelles annuncia un «piano acciaio» per giugno, in attesa del quale ha chiesto a Mittal di sospendere le chiusure in Belgio che comportano il taglio di 1300 posti di lavoro, più l’indotto.
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