Il Messaggero
Ogni tanto i grandi critici del mondo si divertono a stilare classifiche, più o meno attendibili, sull’eccellenza. I pareri e i pensieri spesso sgranano, ma quando si tratta di proclamare il Re dei formaggi il verdetto è unanime: Parmigiano. Il fatto non è banale, perché le eccellenze del mondo costano, sono difficili da trovare, mentre per uno spicchio di Parmigiano basta fare sosta, perlomeno in Italia, dal salumiere sotto casa per godersi un prodotto top. Anzi, di più, un prodotto che, come i grandi vini, è caratterizzato da rigorosa denominazione di origine, oltre che dall’indicazione del millesimo (come a dire, 12, 24, 36 mesi). E questo senza contare che il Parmigiano può rivendicare lo status di un sapore-mito talmente universale e suggestivo da indurre l’industria internazionale a produrne cloni che ingannano i consumatori con un marchio tricolore taroccato (“italian sounding”). Dal Sud America col Regianito all’Unione Europea (col Parmesan), si moltiplicano le offerte di finto Parmigiano con grave danno al made in Italy.