Modena Qui
Il caso del Lambrusco spagnolo conferma che la tutela delle eccellenze enogastronomiche è difficilissima pure all’interno di un’Unione Europea spesso in difetto quanto a certezza del diritto. Il problema non è tanto che qualcuno faccia il furbo, ma che la giustizia sia pure dalla sua parte. E dire che, con l’approvazione del Pacchetto Qualità avvenuta a fine estate 2012, proprio il Parlamento europeo ha stabilito un principio fondamentale: non solo Dop e Igp valgono in tutta l’Unione, ma devono essere le singole autorità nazionali a tutelarle ex officio. Ad esempio, se la Gendarmérie francese trova bottiglie di falso Lambrusco a Parigi, deve intervenire senza esitazioni. Le autorità nazionali non devono dunque aspettare, ad esempio, che un produttore di vini o i Consorzi facciano valere i propri diritti. Come, invece, è successo sinora: lo sanno bene i funzionari del Consorzio del Parmigiano Reggiano, sempre pronti a setacciare supermercati e fiere di tutta Europa. La prima, importante vittoria giudiziaria risale all’aprile 2008, quando un tribunale di Berlino, seguendo una pronuncia di due mesi prima della Corte di Giustizia dell’Ue, censurò un’azienda tedesca che produceva un’imitazione del Parmigiano. L’azienda si chiamava Allgauland Kasereien, e non si diede per vinta, iniziando a rifornire una società iberica, la Ilas Sa, che così invase la Spagna con un prodotto denominato Parmeso. Neanche gli emiliani, tuttavia, si sono arresi: rifiutata una proposta di transazione, la Ilas Sa, nella primavera del 2010, è stata condannata dal Tribunale di Oviedo. Condannata a non produrre più il tarocco locale, e a versare al Consorzio 9.165,65 curo: un risarcimento simbolico, ma importante.
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