La riforma europea dell’ortofrutta scatterà nel 2015, accompagnando gli operatori del settore nel quadro più ampio della PAC, in vigore fino al 2020. Ma intanto la relazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio ha evidenziato alcuni punti cardine dell’attuale impianto normativo – l’Ocm ortofrutticola – che dovranno essere rimodulati. Questioni che riguardano in particolare il ruolo delle Organizzazioni di produttori (Op), le loro Associazioni (Aop), i forti squilibri a livello territoriale nelle percentuali di aggregazione dell’offerta
Agrisole – Il Sole 24 Ore
e le azioni attivate finora, in particolare dal 2007 in poi, nel quadro dei programmi operativi presentati dalle Op. Il report Ue sottolinea lo scarso, o addirittura nullo livello di aggregazione in Op di alcuni paesi (quelli dell’Est) e territori (il Sud Italia), a fronte di una percentuale media indubbiamente cresciuta. E qui l’Italia ha raggiunto, nel complesso, il 47% del totale, a fronte di un 60% raccomandato nel 2007, all’inizio dell’ultima riforma dell’Ocm. Ma la Commissione punta la lente anche sulla spesa delle Op. Che nel periodo 2008-10 ha riguardato per lo più miglioramento commerciale e azioni ambientali (24% degli importi), pianificazione produttiva (22%) e qualità dei prodotti (20%), a scapito soprattutto di investimenti in ricerca e sperimentazione, ferme al 10% del totale. Per non parlare del bassissimo ricorso a misure di prevenzione e gestione e delle crisi di mercato, che la Commissione intende rafforzare attraverso una revisione del regime di aiuti comunitari applicabile in modo specifico al settore ortofrutticolo.