In un momento di crisi che ha sconvolto la quotidianità di tutti, con ricadute pesantissime su tutto il canale Horeca, in questo numero di Consortium abbiamo cercato di capire il futuro del settore e le aspettative di rinascita, intervistando Cesare Battisti, segretario generale degli Ambasciatori del Gusto, associazione italiana impegnata nella valorizzazione dell’enogastronomia e del patrimonio agroalimentare di qualità DOP IGP.
“Un gioiello liberty incastonato nella Milano contemporanea…”. È definito così il Ratanà, ristorante da cui Cesare Battisti combatte la cattiva alimentazione. Con l’Associazione italiana Ambasciatori del Gusto, nata nel 2016, Battisti è in prima linea nell’emergenza post Covid-19. Se da un lato la crisi sta fortemente condizionando il settore della ristorazione, dall’altro l’emergenza ha sviluppato nuove sensibilità e riflessioni su qualità, identità e futuro.
La pandemia da Covid-19 ha sconvolto la quotidianità e messo in crisi anche il mondo enogastronomico. Che futuro si attende?
Sicuramente in salita, molto difficile. Devo dire però che è anche un periodo pieno di opportunità. La storia ci insegna che nei momenti difficili ci sono delle opportunità da cogliere, soprattutto per migliorarsi. Certo è che, comunque, il nostro settore è stato uno dei più martoriati in assoluto.
Qual è secondo lei la prospettiva della ristorazione e dei prodotti di qualità?
I prodotti di qualità in Italia ci sono sempre stati, ci devono essere e devono continuare ad esserci. In prospettiva credo che le persone sceglieranno sempre più i prodotti di qualità. Ma serve promuoverli visto che la ristorazione in generale assorbe dal 30 al 40% della filiera agroalimentare. Bisogna fare una scelta consapevole alla base ed educare i clienti.
In particolare cosa si prospetta per i prodotti italiani?
Come ho detto, la crisi sarà un’opportunità di crescita importante, una sfida che l’Italia e la filiera enogastronomica dovranno cogliere. Naturalmente con tutte le difficoltà del caso e anche con tutti i “soldati caduti” sul campo perché questa emergenza da Coronavirus ha segnato nel profondo tutto il settore dell’agroalimentare. Certo i prodotti italiani sono tra i più importanti e qualificati del mondo.
Cosa può fare lo chef o comunque la ristorazione in generale per informare meglio il consumatore soprattutto sugli ingredienti e gli alimenti?
Lo chef di un ristorante, ma la ristorazione in generale, gioca un ruolo fondamentale. Noi abbiamo una responsabilità sociale molto importante come dice Carlo Petrini di Slow Food. Una volta c’erano le nonne che ti insegnavano le ricette e le tradizioni, adesso gli unici detentori del sapere culinario siamo noi. Per cui è chiaro che la nostra responsabilità sociale diventa importantissima. Il nostro ruolo è quello di educare i clienti ad un consumo sostenibile, etico, di qualità. Spero che questa pandemia abbia portato anche la consapevolezza di un consumo di alimenti di prossimità. Noi abbiamo bisogno di promuovere un’agricoltura all’interno del nostro Paese. È assurdo far viaggiare i prodotti da un capo all’altro dell’Italia quando tutto questo non ha senso.
Può iniziare una nuova fase per la ristorazione proprio con una formazione al consumatore, anche sulla sicurezza alimentare?
Assolutamente. I cuochi si devono prendere le loro responsabilità. Noi, come Ambasciatori del Gusto, nasciamo proprio con l’intento di promuovere l’enogastronomia italiana sia in Italia sia all’estero. Si pensi che abbiamo sottoscritto un progetto con Ivsi, l’Istituto valorizzazione dei salumi italiani, ci siamo attivati per promuovere i salumi all’interno del nostro Paese e che poi estenderemo anche all’estero.
La situazione attuale invece qual è?
La situazione attuale nei ristoranti, nella ristorazione e in tutto il comparto agroalimentare non è bella perché comunque sono cambiate le abitudini. Rendiamoci anche conto che siamo nella fase 2 e le persone che frequentano i nostri ristoranti sono molto più attente al luogo dove sono, al menù che gli viene sottoposto e soprattutto a quello che mangiano. E questo devo dire che è un bene.
Quindi il consumatore è maggiormente invogliato a cercare il prodotto di qualità o l’emergenza ha azzerato o rivalutato i progressi fatti in questi anni di valorizzazione?
Dipende tanto dalle zone dell’Italia. Noi abbiamo un ristorante a Milano dove comunque la formazione e l’educazione del nostro cliente è un valore principale che mettiamo in atto dalla mattina alla sera, in tutti i giorni dell’anno. Oggi sostanzialmente c’è molta più consapevolezza di quello che si mangia al ristorante rispetto a tanti anni fa. Spero che comunque non sia un interesse passeggero e che rimanga un coinvolgimento primario.
Chi ne risentirà maggiormente di questa crisi?
In tutta la filiera sicuramente l’export di vini e dei prodotti italiani alimentari in generale. Devo dire che in questo l’Associazione Ambasciatori del Gusto deve essere ancora più ferma nella promozione dei nostri prodotti all’estero. Tante catene si sono bloccate, hanno poi ripreso dopo mesi a lavorare e non con poche difficoltà. Questi contraccolpi li sentiremo nei prossimi mesi, inevitabilmente.
È una crisi che prevede secondo lei una rinascita, una nuova visione anche del mondo della ristorazione?
Questa è una crisi che prevede consapevolezza. È una nuova visione anche del mondo della ristorazione. La crisi prevede una rinascita. Sicuramente è una ripartenza con dei punti cardine ben saldi, a partire dalla qualità dei prodotti agroalimentari. Noi ci troviamo spesso e volentieri con ragazzi molto giovani che vengono al ristorante e sono interessati alla tipologia del prodotto, cose che dieci anni fa non accadevano. Adesso i clienti sono molto più interessati e devo dire che comunque con la pandemia questo focus si è allargato.
L’obiettivo degli Ambasciatori del Gusto è divulgare l’identità, la storia, le sensibilità italiane attraverso la passione ed il lavoro. Come ci riuscirete nel post Covid-19?
Innanzitutto come ce l’abbiamo fatta fino adesso per cui con tanta tenacia e tantissima organizzazione. Il post Coronavirus ha aperto pure nuove frontiere di lavoro, ad esempio il mondo digitale. Non solo per le riunioni, ma anche per il marketing delle aziende agricole che hanno intensificato l’attività online mostrando e valorizzando i loro prodotti oltre il loro modo di lavorare. Questo credo che sia un’opportunità da cogliere per il futuro, un nuovo modo di approcciarsi al lavoro. Se in questo momento viaggiamo di meno, per fortuna ci sono tanti metodi nuovi per far conoscere le nostre bellezze e le nostre qualità. Per cui intraprendere questa strada è fondamentale.
A cura di Andrea Bianchi Sugarelli
Fonte: Consortium 2020_03