Cresce anche il divario fra quanto viene pagato all’origine e quanto spendono i consumatori. Gli aumenti maggiori per pane, pasta, carne e latte. Anche il gasolio agricolo continua a salire: rispetto a cinque anni fa costa il 53% in più. Cresce l’import di gas naturale dall’Algeria.
Il settore agroalimentare è sempre più penalizzato dalle guerre in corso e dalle crescenti tensioni internazionali. In un contesto geopolitico mondiale sempre più incerto, con mercati sempre più vulnerabili, i costi di produzione continuano a salire vertiginosamente con inevitabili ripercussioni sui prezzi dei prodotti agricoli.
Gli effetti sono sempre più visibili sui mercati interni. L’Europa e l’Italia non fanno eccezione. Questa situazione ha amplificato la vulnerabilità del tessuto produttivo, rendendo sempre più insostenibile il divario fra i prezzi riconosciuti agli agricoltori e quelli al consumo.
Quanto sta avvenendo sui mercati viene descritto nel rapporto “Mari in tempesta”, elaborato dal Centro studi Divulga. La ricerca analizza gli effetti provocati sui mercati interni e internazionali – con particolare riferimento ai prodotti agricoli – da due anni di guerra in Ucraina, che il conflitto fra Israele e Hamas e le recenti tensioni nel Mar Rosso hanno contribuito ad aggravare.
Il quadro è tutt’altro che rassicurante: i mercati continuano a subire spinte inflattive che si scaricano sulle famiglie. Gli esempi sono molteplici. Il prezzo del pane è cresciuto di circa 14 volte rispetto al prezzo riconosciuto agli agricoltori per il frumento tenero necessario per la panificazione. Stesso discorso per la libera della pasta: il valore dal campo alla tavola è aumentato di 5 volte. Nel caso della carne bovina, invece, il prezzo dagli allevamenti allo scaffale è salito di ben 8 volte, mentre quello della carne suina si è quadruplicato.
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Fonte: La Repubblica – Affari&Finanza