Export: uno studio del Polimi rileva che le vendite online di beni di consumo direttamente verso acquirenti esteri attraverso le piattaforme sono cresciute del 14% permettendo di recuperare parte del calo generale
La pandemia ha colpito con forza le esportazioni italiane, che nel 2020 sono crollate del 9,7%. Ma molte aziende si sono rapidamente convertite all`e-commerce, recuperando in parte o del tutto il terreno perduto: l’export digitale dei beni di consumo ha raggiunto il valore di 13,5 miliardi di euro, con una crescita pari al 14%.
E quindi l’incidenza sull’export complessivo di beni di consumo è passata dal 7% del 2019 al 9%, e al 3% sulle esportazioni totali (era del 2,5% nel 2019). Il dato emerge dall’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano.
Per quanto le aziende italiane abbiano subito una forte contrazione delle esportazioni, di pari entità verso i mercati Ue e quelli extra Ue, nel complesso l’Italia non sembra avere perso competitività sui mercati esteri, conferma il Rapporto Istat sulla competitività. E tra le ragioni per cui il nostro peso nella bilancia commerciale ha tenuto c’è proprio la rapida riconversione all’export digitale: un quarto delle aziende, si legge infatti nel rapporto (circa 260 mila unità), ha reagito alla crisi introducendo nuovi prodotti, diversificando i canali di vendita e di fornitura (anche attraverso il passaggio a servizi on line e di e-commerce) e intensificando le relazioni produttive con altre imprese.
Per cogliere le opportunità offerte dall’e-commerce occorre attrezzarsi con strumenti adeguati, conferma Riccardo Mangiaracina, Direttore dell`Osservatorio Export Digitale: «Nonostante il peso dell’e-commerce italiano nel panorama globale sia ancora contenuto, il digitale ha rappresentato un traino per il nostro export nell’ultimo anno, compensando il calo degli scambi attraverso i canali tradizionali. – afferma – Per sfruttare l’accelerazione impressa dalla pandemia occorre però una sapiente integrazione del digitale nelle modalità di export tradizionali, anche quando l`emergenza sarà superata. Il digitale sta diventando sempre di più un`opportunità abbordabile anche per aziende meno strutturate e con meno risorse. Non è un’opportunità a costo zero, perché servono investimenti e competenze, ma il costo di non coglierla è rischiare di essere tagliati fuori dal mercato».
A trovarsi meglio sono state le aziende che già si erano posizionate sul mercato: il consorzio “Italia del gusto“, per esempio, è nato proprio come vetrina e centro di vendite online, oltre che per la promozione dei marchi di qualità dell`agroalimentare italiano: «In Gran Bretagna siamo presenti da cinque anni con l`iniziativa “Ciao Gusto”, e abbiamo un accordo per la distribuzione con Ocado. L`anno scorso abbiamo avuto un incremento delle vendite del 50%», dice Alberto Volpe, direttore generale del consorzio. Il primo settore dell`export digitale, nonostante un calo del 9% rispetto al 2019, è però il Fashion, con un valore di 7,1 miliardi di euro, pari al 53% delle esportazioni digitali di beni di consumo e al 16,5% di quelle online di settore. Il Food è il secondo: con l’emergenza è cresciuto del 46%, con un valore di 1,9 miliardi di euro, pari al 14% dell`export digitale e al 4% di quello alimentare. Il terzo comparto è l’arredamento, che vale 1,1 miliardi e quasi l`8% delle esportazioni online e il 12% di quelle di mobili. Elettronica, cosmetica, cartoleria, giochi, articoli sportivi e gli altri comparti valgono complessivamente il 25% dell`export digitale B2C.
Fonte: La Repubblica – Affari e Finanza