La Stampa
Vietato restare a guardare solo nel proprio cortile: il mercato è globale. Così la campagna acquisti da parte di multinazionali estere dei nostri pezzi più pregiati non sempre significa perdere il controllo delle aziende italiane. Al contrario: a volte è un modo – forse l’unico oggi – per valorizzare e rafforzare le imprese sui mercati internazionali, nel nome del Made in Italy. Un dibattito attuale diventato allarme quando, qualche giorno fa, Coldiretti ha fotografato il quadro delle cessioni, dopo il cambio di timone a Telecom Italia. Ed è emerso il «caso» dell’agroalimentare. L’elenco è lungo, i nomi sono quelli di imprese storiche.
Come Olio Sasso, Carapelli e Bertolli
La Star, la Parmalat, acquistata dalla francese Lactalis insieme a Galbani, Invernizzi Cademartori. E ancora: Eridania, Boschetti, Orzo Bimbo, Fattoria Scaldasole, Giancia, Pelati Ar. Gli stranieri fanno affari in un settore primario per il Belpaese e nessuna levata di scudi come per Alitalia.