Prosegue il viaggio dello chef Alessandro Borghese nel mondo dell’Asti Docg. Per il secondo anno consecutivo, il noto cuoco e personaggio televisivo, offre il suo volto al Consorzio durante la Douja d’Or.
Lo ha fatto lunedì scorso, ad una tavola rotonda su territorio e economia conversando con la giornalista Roberta Favrin, raccogliendo gli stimoli di Stefano Ricagno, vicepresidente del Consorzio e Andrea Amalberto, presidente dell’Unione Industriale. Lo abbiamo intervistato poco prima dell’evento.
Cosa la affascina della cucina e dei prodotti della terra dell’Astigiano? “La genuinità, la storia che esiste dietro ogni frutto. Ho avuto modo di esplorare la zona del Monferrato, frequentare i produttori, le loro vigne, le loro cantine, sentire i profumi e conoscere le tradizioni, la storia che è raccontata in un calice di Asti docg. Per me, che sono un cuoco, è affascinante conoscere le persone dietro le esperienze nel bicchiere. Insieme a tanti altri prodotti locali, capisaldi della cucina italiana come il fritto misto piemontese o il vitel tonnè, anche l’Asti racconta la storia di questo territorio. Ad esempio, al Lusso della Semplicità (il ristorante di Alessandro Borghese a Milano, ndr. ), ho già messo in carta un coniglio all’Astigiana, che sta riscuotendo molto successo. Anche un frutto come l’uva stessa ha una versatilità unica, dalle salse, ai dolci, abbinata ai secondi di carne”.
Quali sono i valori da comunicare del nostrò territorio? “L’Asti è il simbolo di questo territorio ma è necessario comunicarlo in maniera migliore, farlo conoscere ai giovani perché saranno loro a portare nuova linfa; mi interessa che questo vino venga veicolato dalla mixology, alla cucina. La tradizione, la stagionalità, i riti dalla vigna alla ricetta, tutto questo bagaglio culturale aiuta a far crescere la nuova economia che può contare sulle tecnologie e sugli strumenti di comunicazione che abbiamo”.
Cosa, secondo lei, bisognerebbe cambiare ad Asti per riuscire a trasmettere al meglio questo messaggio? “Sicuramente mancano strutture adeguate per accogliere eventi, come la Douja, oltre a percorsi turistici dedicati al territorio, alla sua tradizione enogastronomica, per permettere alle persone di altre regioni di venire a conoscere una terra così ricca come questa. E ovviamente, in cima alla piramide metterei una comunicazione efficace”.
Entrando nel dettaglio, come ha sposato questa tipologia di vino con le sue preparazioni in cucina? Il mio motto è “bianco d’estate, rosso di inverno, bollicine tutto l’anno”, visito regolarmente cantine ed è una mia passione, ma io sono un purista. Non sono un amante del vino nel piatto, ma nel bicchiere, in modo che si abbini al piatto. L’idea che le persone hanno del Moscato è che si tratti di un vino dolce, non conoscono tutte le sue sfumature e non conoscono l’Asti nelle sue declinazioni. È un’idea vecchia di questo prodotto e noi siamo qui per ripulirla e portarla nel prossimo futuro, rivolgerci ai giovani, ai nostri testimoni”.
Fonte: Gazzetta d’Asti