La storia del Lambrusco parte da lontano, da Modena, che è il territorio dei Lambruschi DOP. Qui si producono il Lambrusco di Sorbara DOP, il Lambrusco Salamino di Santa Croce DOP, il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOP e il Modena DOP. Il Consorzio marchio storico dei Lambruschi modenesi promuove e tutela queste quattro denominazioni e per sottolineare l’autenticità del prodotto e il legame con il territorio ha scelto come marchio il rosone del Duomo di Modena, per trasmettere un messaggio di autenticità del prodotto. Le aziende consorziate hanno una rappresentatività pari all’85% della produzione di Lambrusco DOP prodotto e imbottigliato in provincia di Modena. Da undici anni Ermi Bagni dirige il Consorzio Marchio Storico Lambruschi Modenesi.
Negli anni 70 era il Lambrusco il vino italiano più conosciuto e bevuto al mondo, e adesso?
“Fino a 2 anni fa era ancora il vino italiano più esportato al mondo, da due anni c’è stato il sorpasso da parte del Prosecco DOP. Ma non è certo una sconfitta, il nostro territorio di produzione è molto più piccolo rispetto a quello del Prosecco. Il nostro impegno come Consorzio, è comunque quello di consolidare e rilanciare continuamente il settore”.
La produzione che insegue performance sempre in crescita e sostenibilità sono aspetti di una stessa realtà?
“Devono esserlo, abbiamo progetti finalizzati a traguardare una vitivinicoltura sostenibile, rispettosa dell’ambiente e attenta all’utilizzo delle risorse naturali. Il Consorzio Marchio Storico Lambruschi Modenesi ha adottato il sistema di certificazione conforme allo standard Equalitas. Si tratta di un percorso impegnativo che non va improvvisato e ci vorrà del tempo per la sua applicazione corretta e credibile, abbiamo appena iniziato il percorso, ma siamo sulla buona strada”.
In questa certificazione di sostenibilità avete coinvolto tutti gli associati?
“Il programma per adesso riguarda 30 aziende vinicole, 3 cantine sociali cooperative, 2 aziende di imbottigliamento e 6 aziende vitivinicole. L’iniziativa ha comunque suscitato molto interesse dalle nostre imprese associate”.
Chi sceglie il Lambrusco DOP?
“In Europa i clienti storici sono Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna. C’è richiesta di prodotti di qualità, che sono al tempo stesso icone del territorio, perché la qualità non è solo nelle caratteristiche del prodotto, ma è il biglietto da visita di una collettività. Dentro un calice non c’è solo il vino ma tradizioni e saperi antichi tramandati nel tempo”.
E a proposito di calice, anche il Lambrusco DOP ha il suo bicchiere perfetto?
“Sì, dal 2016, dalla collaborazione fra il Consorzio di tutela della DOP e l’azienda austriaca Riedel, leader nella realizzazione di calici e decanter in cristallo, è nato il calice per lambrusco, con uno stelo sottile rosso rubino sormontato da un bevante a tulipano. Funzionalità e bellezza per veicolare i profumi e le fragranze di questo vino particolare e per mantenere intatte le caratteristiche di freschezza e brio che lo contraddistinguono”
In Gran Bretagna apprezzano così tanto il Lambrusco DOP che hanno provato a farselo direttamente con dei kit un po’ surreali. Siete riusciti a bloccare questo fenomeno?
“Chi è molto amato è anche imitato. Siamo molto impegnati nelle attività di tutela per salvaguardare dai numerosi tentativi di imitazione e di contraffazione, il valore economico e la fama commerciale del Lambrusco DOP. Nel 2014 ci fu il caso del Lambrusco in polvere, fu un caso eclatante, ma ce ne sono continuamente, soprattutto on line. Però adesso il Ministero delle politiche agricole, attraverso ICQRF, riesce a monitorare molto bene, soprattutto i colossi dell’e-commerce, grazie ad accordi come quello con il sito cinese Alibaba”.
Fonte: Fondazione Qualivita