I dati del Consorzio di tutela DOP registrano +17% di vendite e +30% di imbottigliamenti. Il presidente Enrico Corsini: “Con tutti i soci faremo il possibile per contrastare le imitazioni”. Nel mirino il prodotto sloveno “balsamico” accusato di copiare l’eccellenza italiana: il punto.
La pandemia non scalfisce l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP. Il 2021 ha fatto registrare un incremento della produzione e delle vendite di oltre il 17% e + 30% delle quantità imbottigliate, con volumi superiori al periodo pre-pandemia. Sono i dati diffusi dal Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, che tira le somme dell’anno appena trascorso mentre si prepara alla battaglia finale contro la Slovenia nel contenzioso per il riconoscimento la denominazione “aceto balsamico”.
“Abbiamo superato le 110mila confezioni certificate – afferma Enrico Corsini, presidente del Consorzio – Ma la cosa più importante, per un aceto che deve sottostare a un tale eccezionale periodo di invecchiamento (almeno 12 anni fino a 25, ndr), sono le giacenze di prodotto nelle tipiche “batterie” di botti, che servono per sostenere la produzione delle annate future: la filiera produttiva oggi consta di 250 produttori, che detengono circa 3milioni di litri di prodotto in invecchiamento nelle proprie acetaie, con un deciso incremento rispetto al decennio precedente, che fa ben sperare in un futuro di successo per il nostro “oro nero” di Modena”.
Il gioiello enogastronomico modenese, che affina in botti secondo la antichissima tradizione, viene confezionato per legge in una bottiglia dalla forma esclusiva, disegnata da Giorgetto Giugiaro 25 anni fa, nel 1987. “La produzione limitata, i grandi investimenti necessari per installare e gestire una acetaia, la lunghezza dell’invecchiamento ne fanno un prodotto esclusivo, che viene venduto nei negozi per gourmet e utilizzato nei ristoranti più prestigiosi, con prezzi che spesso superano i cento euro a bottiglietta, ovvero i mille euro al litro – continua Corsini – Da 12 anni siamo incaricati per legge di svolgere le azioni di tutela, vigilanza, promozione e divulgazione sul prodotto”. Un patrimonio che i produttori tengono a difendere con determinazione.
Sono tre gli aceti “balsamici” tutelati da altrettanti consorzi riconosciuti dal ministero delle politiche Agricole: Aceto balsamico di Modena IGP, Aceto balsamico tradizionale di Modena DOP e Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia DOP. Il successo crescente che il prodotto ottiene nel mercato nazionale ed estero ha dato luogo a numerose imitazioni. Basti citare la vertenza in corso con la Slovenia, che sta cercando di trasformare la denominazione “aceto balsamico” in uno standard, senza cioè rispettare la specificità del prodotto, espressione di un’eccellenza e di una lunga tradizione tipica del territorio italiano. In pratica, dribblando fra le norme europee attraverso una norma tecnica, Lubiana ha sdoganato la produzione e la commercializzazione di un suo “aceto balsamico”, che è già in commercio nei supermercati nel Paese confinante con l’Italia, e che niente ha a che fare con quello italiano riconosciuto. L’iniziativa slovena contrasta con il Regolamento Ue 1151 del 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli ed alimentari, come più volte sottolineato anche da Federvini, in quanto rappresenta un’evocazione abusiva in contrasto e concorrenza sleale dei prodotti italiani riconosciuti in tutto il mondo.
La norma europea impone che un prodotto non possa fare vanto di caratteristiche che non siano reali e che l’informazione al consumatore, oltre ad essere veritiera, sia anche chiara, esplicita e mai ambigua. Riguardo al caso in analisi, in un documento ufficiale in cui si contesta il prodotto sloveno, il Consorzio dell’aceto balsamico tradizionale di Modena DOP spiega che, la norma slovena prevede la possibilità di utilizzare l’aggettivo “balsamico” per “un aceto che non ha caratteristiche balsamiche e nessun legame con il sentore olfattivo “balsamico”. Inoltre – prosegue il Consorzio – questo aggettivo, utilizzato per questa tipologia di prodotto, risulta ambiguo e per nulla chiaro perché il consumatore non associa in alcun modo il termine “balsamico” al fatto che uno degli ingredienti è il mosto concentrato. Se si volesse assicurare un’informazione chiara e precisa, in luogo della denominazione “aceto balsamico”, che di per sé non è in grado di dare nessuna informazione corretta, chiara e veritiera al consumatore, si dovrebbe utilizzare la denominazione descrittiva “aceto con mosto concentrato”, oppure “aceto dolce” – tuonano ancora dal Consorzio – Infine, la denominazione “aceto balsamico”, oltre ad evocare l’IGP Aceto Balsamico di Modena, potrebbe ingannare il consumatore lasciando intendere che questa stessa IGP sia uno degli ingredienti del prodotto “aceto balsamico”.
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Fonte: La Stampa