La sfida climatica delle olive, al via la raccolta:”Sarà un olio di qualità”
Foglie argentee da tronchi secolari nel cielo, dalla fioritura all’invaiatura una magia, dalla raccolta delle olive alla molitura: summa del lavoro di un anno che fluisce nell’oro verde, pregio italiano. Lungo lo Stivale le olive si colorano maturando, dove non lo hanno già fatto, dando il via alla nuova campagna che più di altre volte fa i conti con il cambiamento climatico.
“Ha inciso moltissimo rispetto a quella che poteva essere una rappresentazione abbastanza omogenea: nel periodo della fioritura, primo appuntamento di previsione, si registravano in tutta Italia dati omogenei e promettenti” esordisce David Granieri, presidente di Unaprol (Consorzio olivicolo italiano).
“Il cambiamento climatico incide, ma la parte infrastrutturale è un elemento importante da valutare e migliorare: non è più possibile gestire la produzione olivicola senza avere omogeneità, soprattutto senza irrigazione. La gestione delle risorse idriche nel prossimo futuro sarà fondamentale”.
Raccontando si sofferma sulla differenza fra Sicilia e Puglia, la prima si stima toccherà un dato storico con 40mila tonnellate e la seconda una stagione poco al di sopra della scorsa.
Al via la raccolta delle olive, in alcune zone già partita, Coldiretti e Unaprol stimano quest’anno una produzione di olio che potrebbe assestarsi intorno ai 315 milioni di chili, secondo le stime condotte insieme a Ismea.
Annata infausta per la Toscana e l’Umbria con punte di -50% per l’andamento incerto, gelo prima e grande caldo poi, la Lombardia potrebbe veder ridotta la produzione dal 60 all’80%.
Stime da verificare con la raccolta, soprattutto resa e quantità, numeri che mettono pensiero.
“I produttori devono affrontare un momento difficile che a memoria loro non c’è mai stato” precisa Lucia Turri, presidente del Consorzio dell’olio Garda DOP esteso in quattro province su tre regioni fra laghi, valli, montagne e 461 olivicoltori.
Una difficoltà che non si inserisce nell’avvicendarsi di annata di carica e scarica, “nel ’18 una produzione eccezionale ha richiesto una deroga alla produzione di olio per far rientrare nella DOP 75 quintali/ha, a dispetto dei 60 fissati, nel 2019 i frantoi non hanno aperto”.
La scorsa ancora eccezionale da chiedere un’altra deroga, “quella del 2021 non è un’annata di scarica ma di pochissima produzione: alcuni produttori neanche stendono le reti perché hanno tre o quattro olive per pianta. Prevediamo di produrre il 30% rispetto ai nostri standard, ed è una stima ottimistica”.
L’acqua è sempre mancata a chi non poteva irrigare, ma l’olivo regge lo stress. Parlando con i produttori, la presidente riferisce che ognuno adduce fattori diversi, dal caldo alle cimici o altri patogeni: “Il problema vero è che gli olivicoltori si trovano a curare e non a fare prevenzione, non sappiamo cosa fare perché mancano studi. Avremmo bisogno di un ragionamento razionale a lungo termine: stiamo vivendo un momento senza uno storico”.
Dello stesso avviso Carlo Siffredi, presidente del Consorzio Olio DOP Riviera Ligure, raccontando l’uscita da una grande campagna in qualità e quantità: “Stiamo affrontando la nuova campagna con alcune difficoltà. Dire quali saranno le qualità e quantità è prematuro, ma possiamo dire che non sarà come lo scorso anno con 7500 quintali di olio certificabili”.
Numeri ridotti nelle zone interne, verso il mare qualcosa di più e nelle valli dicono abbastanza buona.
“La siccità ha dato pochi problemi, più l’allegagione, e non si sa se la cimice asiatica o altro ha provocato la cascola nella zona costiera”.
Non solo il clima che cambia, ma ciò che serve studiare e affrontare, “bisognerà iniziare a fare conti con diverse cose, ragionando non più come singole aziende ma in termini di comprensori per avere effetti desiderati” auspica Siffredi riferendosi alla lotta alla mosca, “avremmo bisogno di una regia tecnica, magari supportata dalla regione”.
La Liguria si appresta a partire e, “se per quantità e resa è prematuro, il prodotto che si farà sarà di qualità”. Pensieri che olivicotori, confezionatori e frantoiani portano sulle spalle ogni giorno, “olio con sapiente arte spremuto / dal puro frutto degli annosi olivi” scriveva D’Annunzio; impegnati in ogni stagione a proteggere fiori che diventeranno olive e olive che daranno olio, sfidando le avversità.
“La stagione calda dà segnali chiari: la qualità ci sarà – conclude Granieri –. Aspettiamo le piogge di inizio ottobre per rassodare le olive, ma abbiamo le condizioni per una qualità eccellente benché in quantità minori per avere un olio 100% italiano in grado di competere sui mercati internazionali”.
Fonte: La Stampa
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