La Stampa.
Le risaie di Vercelli e provincia parlano sempre più straniero. Cinese e polacco in primis. Così le nostre terre devono dire addio alle mondine italiane: niente più Silvana Mangano che in «Riso Amaro» mondava in calzoncini. Da qualche anno ad attraversare il mare a quadretti restano solo i giovani orientali con gli occhi a mandorla. Così se a livello nazionale uno su quattro è di origine straniera, solo nel Vercellese l’80% della manodopera impiegata è cinese. I restanti «mondariso» invece sono polacchi, romeni e moldavi.
E nella maggior parte dei casi sono uomini. Persone altamente specializzate che hanno un’inclinazione naturale per il lavoro in risaia: ore e ore sotto il sole, immersi nel fango, infastiditi dalle zanzare, con la schiena china e lo sguardo sempre concentrato sull’erbacce. Per una paga da 6,50 giuro all’ora. «Fanno esattamente il lavoro che facevano le mondine cinquant’anni fa: bisogna avanzare nel campo a tre, quattro metri di distanza l’uno dall’altro, e strappare tutte le piante diverse dalla varietà di riso selezionata spiega Paolo Guttardi, direttore di Confagricoltura -.
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