Prevenzione e interventi a basso impatto ambientale. Le soluzioni messe in campo dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’ analisi dell’economia agricola sono variegate e complementari
Gli ulivi pugliesi, da anni, convivono con la minaccia di Xylella fastidiosa. E una fetta importante dell’economia della regione vive sotto la spada di Damocle di questo batterio che dal 2013 è stato individuato come causa di malattia di piante di olivo portandole ad un rapido e precoce disseccamento. Prima nel solo Salento e poi, progressivamente, sempre più a nord fino a interessare anche la provincia di Bari.
A complicare la situazione, Xylella è stata individuata anche nella bassa Toscana (Promontorio dell’Argentario) e nell’alto Lazio (provincia di Viterbo) in piante arboree-arbustive, sebbene si tratti di una sottospecie e di un ceppo diverso da quello pugliese. Nuove speranze per arginare il fenomeno arrivano ora dalla scienza, in particolare da due progetti coordinati dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agricola (CREA).
I progetti, finanziati dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF), affrontano il problema con due approcci differenti ma complementari. Come? Focalizzandosi, da una parte, sulla diagnosi precoce dell`agente del contagio e, dall`altra, sul contenimento dei vettori, vale a dire gli insetti responsabili della diffusione del batterio sulle piante, con soluzioni a basso impatto ambientale. Prevenzione, insomma, e intervento con minore impatto possibile sull’ecosistema.
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Fonte: Il Sole 24 Ore
Crediti foto: Pixabay