Dopo vent’anni il regolamento per il logo europeo. Polemiche per l’uso dei tannini.
Ci sono voluti oltre vent’anni di discussioni, ma finalmente da agosto di quest’anno è possibile etichettare il vino biologico con il logo europeo. Una buona notizia per i consumatori che avranno a disposizione un ulteriore indicatore di scelta nel momento in cui acquistano vino. Con l’approvazione del nuovo regolamento, che ha definito le regole per la trasformazione in cantina delle uve, si potranno finalmente imbottigliare vini cento per cento biologici, che godranno quindi dello stesso logo dei prodotti agricoli e trasformati. La decisione sembra però non accontentare tutti. Il dibattito sul settore biologico è un fronte infatti sempre aperto. A partire dalla prima regolamentazione europea del 1991 fino ai giorni nostri la querelle sul vino biologico non si è mai arrestata. A marzo di quest’anno, con la pubblicazione del regolamento europeo 203/2012 – entrato in vigore il 1° agosto 2012 – sono state stabilite le norme specifiche sulla vinificazione, le modalità di etichettatura e la possibilità di riconoscere la conformità delle precedenti annate. Sono stati imposti una serie di divieti e restrizioni all’uso delle pratiche, trattamenti e processi enologici previsti dalle norme generali, soprattutto quelli ritenuti invasivi rispetto al mantenimento dell’integrità della materia prima ottenuta con metodo biologico. L’approvazione del regolamento è stata particolarmente lunga e travagliata, perché le precedenti normative non includevano il vino, che è sempre stato il grande escluso, commenta Francesco Giardina, esperto del settore biologico del ministero delle Politiche agricole. Era possibile immettere sul mercato bottiglie di vino ottenuto con uve biologiche, ma solo recentemente è stato raggiunto un accordo per definire le regole di trasformazione utilizzabili in cantina. L’Italia, insieme ad altri Paesi mediterranei, ha sempre sostenuto la necessità di un regolamento per il vino biologico. A livello comunitario chi faceva resistenza? «I Paesi del nord Europa non lo consideravano necessario – aggiunge Giardina – la controversia principale è stata sui contenuti ammissibili di anidride solforosa, il cui impiego nei prodotti alimentari biologici era ammesso solo per il sidro e i crostacei». Ci sono voluti due anni per raggiungere un accordo che di fatto è un compromesso. Ma questo compromesso non ha accontentato nessuno. Oltre all’anidride solforosa, sotto accusa anche l’autorizzazione ad usare i tannini ricavati dal legno di alberi. L’Italia sarà una delle prime nazioni a produrre vino etichettato biologico; infatti potranno essere utilizzate già da quest’anno tutte le uve che erano sottoposte al regolamento del biologico per vinificare vini bio. Sul mercato comunque resteranno presenti, per diversi anni, anche le bottiglie con la vecchia dicitura. I dati sono decisamente incoraggianti. Secondo la recentissima indagine Istat sono 45.167 le aziende italiane che producono biologico, cioè il 2,8% di quelle totali, occupando una superficie di circa 1.100.000 ettari. Sul comparto vino, secondo il Sinab, le aziende produttrici di vino biologico sono passate, negli ultimi 5 anni, da 367 a 709, mentre la superficie destinata a vite biologica che nel 2000 contava 31.249 ha oggi è arrivata a 52.812 ha. Le regioni più coinvolte sono Sicilia, Puglia e Toscana. Anche i fatturati registrano segno positivo con una crescita costante. L’attuale giro d’affari del biologico a livello internazionale, ammonta a oltre 20 miliardi di euro negli Stati Uniti, 6 miliardi in Germania, seguita da Francia, con 3, miliardi Inghilterra, Canada e Italia, con 1,5 miliardi. Le prospettive sembrano buone, ma è ancora tutto da vedere. Il crescente bisogno di sostenibilità e di ambiente, manifestato in maniera sempre più evidente dai cittadini (consumatori), trova le risposte essenzialmente dall’agricoltura che riesce sempre ad essere più innovativa e ricettiva di altri settori.