La Piadina Romagnola è tutelata dal marchio IGP. Dunque, che sia bassa come a Riccione o alta come a Rimini, su scala industriale o artigianale, può essere prodotta solo entro i confini della Romagna. Lo ha confermato, ieri pomeriggio, il Tribunale della Ue – con la sentenza T43/15 – sulla base di un ricorso sollevato dalla modenese Crm srl, un’azienda emiliana (dunque non romagnola) che voleva utilizzare, comunque, sulle proprie confezioni, il marchio protetto.
La Crm, infatti, è un’azienda alimentare modenese, che produce numerosi prodotti da forno, tra cui anche piadine romagnole, servendo molte catene della Gdo. Da tempo aveva chiesto ai giudici europei l’annullamento del regolamento di esecuzione Ue (174/2014) della Commissione europea, che ha inserito, nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette, i termini “Piadina Romagnola/Piada Romagnola (IGP).Domanda di registrazione che era stata presentata 3 anni prima, nel 2011, dalle autorità italiane, per sopire la querelle che da tempo opponeva i produttori artigianali di piadine a quelli industrili.
La questione però non è più chiosco artigianale contro grande industria. Perchè i giudici Ue si spingono a considerare cosa deve essere considerato legame con il territorio tale da giustificare il marchio IGP. Secondo l’azienda modenese, riservare l’uso della denominazione Romagnola alle piadine/piade prodotte nelle sole province di Forlì-Cesena- Rimini, rende praticamente impossibile l’esercizio della propria attività, dato che lo stabilimento di produzione si trova a Modena, cioè in Emilia. Da qui era partito un iter che aveva portato il contenzioso prima al Tar e poi al Consiglio di Stato. Sino al Tribunale Ue. L’azienda, in pratica, chiedeva l’annullamento del regolamento che rende la Piadina IGP perchè le sue proprietà e la sua qualità non sono determinati da fattori naturali o climatici, nonché lavorazioni che devono essere effettuate esclusivamente in un determinato territorio.
Fonte: Sole 24 Ore