E «Che ne sai della Romagna?/che ne sai della piadina?/non c’è solamente l’acqua/non c’è solamente la farina… c’è l’allegria del liscio/il cuore dei bagnini/c’è l’arte di Fellini», e chi, se non il re del liscio, Raoul Casadei, con la sua «Pida», poteva tessere miglior lode alla indiscussa regina dello street food. Una storia che parte da lontano, da quella lavorazione dei cereali che è un po’ una caratteristica di tutta l’area mediterranea, con declinazioni diverse. Già l’etimologia del nome è stata oggetto di accese discussioni tra i filologi. Nel sentire comune la si fa risalire alla consuetudine di usare questo disco di farina, cotta inizialmente su di un piatto di terracotta (teggia) e poi su piastra di metallo o lastre di pietra (testa), quale base sulla quale versare ingredienti diversi. Una sorta di piatto edibile, o giù di lì. Nell’antica Roma era considerata cibo per ricchi, perché andava consumata subito, bella calda.
La prima traccia scritta è del 1371, ad opera del cardinale Anglico de Grimoard, fratello di Papa Urbano V, che in una accurata relazione di quelle terre la descrive in maniera specifica. Il medico riminese Costanzo Felici, nel 1572, testimoniò come la piada fosse succedanea del pane, posto che era di veloce cottura e integrava quanto mancava nella dispensa poiché l’infornata del pane era settimanale.
Fonte: La Verità