Stefano Mai, Assessore all’Agricoltura della Regione Liguria, racconta a Consortium le nuove politiche di sviluppo delle eccellenze del territorio
La Liguria è terra di colline e montagne a picco sul mare, trasformata e modellata nel tempo il territorio per ospitare coltivazioni oggi definite eroiche e che riscopriamo ricche di valore e significati. Anche per questi motivi, la Regione ha messo al centro del nuovo corso dell’agricoltura ligure le produzioni certificate di qualità capaci di fare sistema e di realizzare filiere ben strutturate.
La via della Qualità in Liguria
La Liguria è stata tra le prime regioni a cogliere le opportunità garantite dai nuovi orizzonti della qualità agroalimentare riconoscendo già nel 1972 i primi vini DOC. Nel 1997 viene registrata la prima DOP agroalimentare ligure, l’Olio extravergine di oliva Riviera Ligure fino ad arrivare a oggi quando il paniere delle produzioni liguri certificate comprende altre quattro eccellenze: il Basilico Genovese DOP, le Acciughe Sotto Sale del Mar Ligure IGP, la Focaccia di Recco col Formaggio IGP e i Vitelloni Piemontesi della Coscia IGP. Sebbene i numeri regionali appaiano contenuti nel contesto nazionale, se confrontati in rapporto con le rispettive SAU si scopre che il tasso di produzioni certificate in Liguria è di 1,7 volte superiore alla media nazionale per i prodotti agroalimentari e di 2,3 volte per i vini. Oltre alle DOP e alle IGP la Liguria segue con attenzione anche la certificazione del Biologico quale elemento distintivo e valorizzante le produzioni agroalimentari. Tale tendenza individuale di molte aziende, supportata dai riscontri dei circuiti commerciali locali e non solo, ha generato un coinvolgimento trasversale nei diversi comparti produttivi caratterizzando la distribuzione diffusa sul territorio delle diverse aziende. In un caso tuttavia, il Biologico, ha fatto da traino ad un intero comparto territoriale generando la costituzione di un vero e proprio Biodistretto nella Val di Vara in provincia di La Spezia.
Assessore Mai, quali elementi definiscono il nuovo corso del settore agroalimentare di qualità in Liguria?
Dopo circa trenta anni il percorso della qualità agroalimentare in Liguria sembra tuttavia bisognoso di intraprendere tracciati paralleli che tengano sempre ben presente quanto sia necessario avere produzioni certificate e che facciano parte di una filiera ben strutturata con alla base accordi sul prezzo minimo di acquisto, ma anche di vendita dei prodotti trasformati. In tal senso merita ricordare come da dieci anni Consorzio di tutela Olio DOP Riviera Ligure ha attivato un “Patto di filiera” per la propria denominazione di olio extra vergine a favore di un prezzo minimo garantito e remunerativo per le aziende olivicole operanti sul territorio. In tale contesto ricadono anche iniziative a tutela e protezione delle produzioni tipiche e storiche, come ad esempio l’iter avviato per la registrazione della denominazione di origine protetta per l’oliva taggiasca. Questi percorsi, che devono essere condivisi con il territorio, hanno l’obbligo di fornire risposte a tutte le aziende, specie quelle agricole, ivi comprendendo soprattutto le piccole/piccolissime realtà tipiche di un territorio come quello della regione Liguria. Si parla di uno spazio rurale caratterizzato da una complessa orografia e da una limitata e fragile rete viabilistica, che esprimere una moltitudine di micro imprese costituite spesso da un unico dipendente: il titolare. Queste caratteristiche, che potrebbero apparire limitative, sono invece sinonimo di altissima qualità.
Quali sono le potenzialità e le progettualità su cui la Regione sta lavorando per promuovere le filiere?
L’agricoltura sta mutando la sua anima, il prodotto agricolo ligure non è più da considerare esclusivamente un bene ad uso e consumo alimentare, ma diventa un valore turistico proprio per le sue qualità di assoluta eccellenza. Queste derivano anche e soprattutto da quelle difficoltà che impediscono alle aziende di andare oltre una minima automazione, costrette come sono a lavorare sui caratteristici pendii liguri plasmati dall’uomo e resi utilizzabili grazie alla costruzione dei muretti a secco. A questo punto si ritiene che la diversificazione operativa già in molti settori, capace di riscuotere un discreto successo, sia una delle strade da perseguire per rendere sempre più sostenibile l’attività agricola. Pensiamo ad esempio alla pesca professionale, che ha trovato, attraverso ittiturismo e pescaturismo, modi per resistere alle tante restrizioni a cui è soggetta, a causa di politiche comunitarie le quali partoriscono paradossi, ammantati di motivazioni inerenti la sostenibilità ambientale. Sempre in quest’ottica si muove l’enoturismo, che ha recentemente ottenuto riconoscimento a livello nazionale. In questo contesto la Regione Liguria sperimenterà un’iniziativa analoga, l’Oleoturismo, letto come un modo per far conoscere tutta la filiera olivicola, dalla coltivazione alla vendita, passando da frantoi e musei capaci di raccontarne la storia. È per questo che l’ambiente agroalimentare ligure è oggetto di interesse per i veri viaggiatori, per chi vuole scoprire l’anima di un territorio. In questo quadro il Consorzio di tutela dell’olio extravergine di oliva DOP Riviera Ligure ha progettato pacchetti turistici specifici in collaborazione con professionisti del settore. I primi fulcri di attività saranno Lucinasco in provincia di Imperia, Albenga in provincia di Savona e Lavagna in provincia di Genova. E l’iniziativa si amplierà sicuramente. Si parla dunque di Turismo esperienziale per far conoscere e gustare i nostri prodotti di eccellenza ed il nostro territorio. Nella nostra regione si riscoprono inoltre i PAT – Prodotti Agroalimentari Tradizionali – che da anni costituiscono il traino di interesse del pubblico sui canali social regionali, e che con rinnovata veste grafica ed informativa arrivano a pilotare addirittura il più ampio interesse turistico nella nostra regione (vedi l’esperienza della vetrina dei prodotti in www.agriligurianet.it prima e ora in www.lamialiguria.it). Si evidenzia in ultimo la recente iniziativa legislativa regionale di coinvolgere nella più ampia valorizzazione territoriale le produzioni storiche, ai più sconosciute, confluite nelle De.Co. (Legge regionale 1 agosto 2018, n. 11 Registro regionale dei Comuni con prodotti DE.CO.). Infine, appare sempre più forte l’esigenza di una tracciatura delle produzioni in modo puntuale e comprensibile, capace di emergere in uno spietato mercato globale dove la qualità è compromessa da numerosi tentativi di contraffazione, specie dei prodotti italiani (italian sounding), ove le nostre imprese devono fare i conti con la concorrenza sleale, oltre che avere a che fare costantemente con una burocrazia che spesso è limitativa e demotivante. Personalmente lavoro per un futuro dove le aziende, siano sí sostenute da fondi pubblici in quanto contribuiscono anche al nostro benessere e a contrastare il dissesto idrogeologico, ma raggiungano quella sostenibilità economica che garantisca la soglia minima di dignità. Dunque, nella continua ricerca di nuove e più performanti soluzioni, il sistema produttivo agroalimentare regionale ligure sperimenta nuovi stimoli aprendosi a esperienze capaci di coinvolgere anche altri settori economici produttivi e legati a servizi di qualità. A mio parere è certamente iniziata una nuova e promettente era per la nostra agricoltura.
Fonte: Consortium 2018/02