La GDO alla sfida dei prezzi nella UE: martedì l’Unione europea avvierà il confronto sulla direttiva per difendere le PMI dalle pratiche sleali dei colossi del commercio, a seguito dell’alleanza per una mega-centrale d’acquisto annunciata nei giorni scorsi da Carrefour e Tesco, che segue di poco quella tra i gruppi francesi Auchan e Casino, che ha riportato sotto i riflettori il tema annoso delle relazioni commerciali all’interno della filiera agroalimentare. Da un lato i produttori, in particolare i piccoli e medi, che temono di restare schiacciati dall’eccessiva concentrazione delle piattaforme d’acquisto e dalla forza contrattuale che queste assumerebbero nei loro confronti. Dall’altro, le catene della distribuzione che, messe sotto pressione sul fronte dei prezzi dalla concorrenza dei giganti dell’e-commerce e dalla rapida espansione dei discount, ritengono necessario creare sinergie per poter spuntare i prezzi migliori dalle grandi multinazionali del Food e Non Food.
Proprio a regolamentare questi rapporti, cercando di bilanciare le forze, interviene la proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio europeo in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera alimentare, che sarà discussa dalla Commissione europarlamentare per l’agricoltura e lo sviluppo rurale martedì. Obiettivo dichiarato del provvedimento è la tutela dei soggetti più deboli della filiera, individuati nei fornitori «piccoli e medi» (ovvero i produttori con fatturato inferiore a 5o milioni di euro) che vendono beni alimentari ad acquirenti «che non sono aziende di piccole e medie dimensioni». La direttiva individua otto pratiche considerate «sleali», quattro delle quali vietate in qualunque caso (il pagamento dei fornitori oltre i 3o giorni quando si tratta di merci deperibili; l’annullamento di ordini di prodotti deperibili con breve preavviso; le modifiche unilaterali retroattive dei termini di un accordo di fornitura; far pagare al fornitore gli sprechi che avvengono nei locali dell’acquirente). Le altre quattro (tra cui l’imposizione al fornitore di costi per l’immagazzinamento o la promozione) sono vietate solo se non previste da contratti scritti.
Se non ci saranno intoppi, il testo sarà emendato e integrato nelle prossime settimane, per poi arrivare al voto della Commissione e, successivamente, in Aula entro ottobre. «È un provvedimento atteso da dieci anni, che integra e rafforza le normative nazionali già in vigore in 20 Paesi membri, tra cui l’Italia (con l’articolo 62 della legge 27/2012, ndr) – spiega Paolo De Castro, vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo e relatore per l’Assemblea del progetto di direttiva -. Ad esempio introduce l’obbligo di un’Authority di riferimento, che in Italia manca, e la possibilità che le denunce di violazioni avvengano anche attraverso le associazioni, assicurando la riservatezza dell’identità del denunciante». Lo stesso De Castro martedì presenterà il suo progetto di relazione, condiviso con tutti i gruppi del Parlamento europeo, che apporta alla proposta di direttiva alcune modifiche. Tra queste, l’estensione del campo di applicazione anche ai fornitori che non sono PMI, comprese dunque le grandi aziende, e a tutti i prodotti agricoli. Inoltre, l’inclusione, nella definizione di «acquirenti», anche dei soggetti che, pur avendo sede legale fuori dall’Unione europea, vendono i loro prodotti nei Paesi membri. L’obiettivo della direttiva, ricorda il parlamentare Pd, è riequilibrare la forza di negoziazione in un contesto che vede «il potere maggiore nelle mani della GDO e della grande industria, per non parlare delle mega-centrali d’acquisto che si stanno creando».
Per bocca del presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia, nel dibattito sulla direttiva in materia di pratiche commerciali sleali le imprese si schierano a fianco dell’Europarlamento: «Come industria alimentare Italiana abbiamo chiesto modifiche specifiche sulla normativa in discussione a Bruxelles per applicare tali regole non solo a tutela delle PMI ma di tutte le aziende che, a prescindere dalle dimensioni, si trovino in rapporti di forza sbilanciati». «La soglia dimensionale non è giusta», gli fa eco Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative «la proposta di una direttiva del genere era assolutamente necessaria, in Europa viviamo un’alterazione della concorrenza a favore della grande distribuzione, dove peraltro è in atto un processo di concentrazione delle centrali d’acquisto che sposterà la bilancia ancor più a sfavore dei produttori».
Fonte: Il Sole 24 Ore