Il settore dei prodotti ortofrutticoli e cereali DOP IGP del nostro Paese rappresenta un patrimonio di notevole importanza: l’Italia è infatti prima al mondo per numero di filiere certificate, con 114 prodotti distribuiti in tutto il territorio nazionale che coinvolgono oltre 20.000 operatori, per un valore alla produzione che si aggira intorno ai 330 milioni di euro. In questo contesto, il paniere della “frutta estiva” rappresenta un segmento di pregio dalle enormi potenzialità di sviluppo. Si riportano di seguito alcune testimonianze dei Consorzi di tutela relative alle esperienze e alle strategie messe in atto per superare la fase post-emergenza Covid e rilanciare le filiere certificate con opportune attività di valorizzazione.
Ciliegia dell’Etna DOP
In Sicilia, dal mar Ionio fino ad arrivare a 1.600 metri sui versanti Est e Sud-Est dell’Etna, si estende la zona di produzione della Ciliegia dell’Etna DOP, la prima e unica ciliegia ad aver ottenuto il marchio di Denominazione di Origine Protetta in Italia. Attorno alla coltivazione della Ciliegia dell’Etna DOP c’è un importante indotto economico e un lavoro che comincia col dissodare la terra dalla lava. Per effetto dell’altitudine, la raccolta della Ciliegia dell’Etna DOP dura circa due mesi: inizia a fine maggio dai frutteti più bassi, a circa 100 metri sul livello del mare, per chiudere, a fine luglio, con quelli più alti, che arrivano fino a quota 1.600.
“Questo 2020 sarà un’annata da dimenticare – afferma Carmelo Spina, presidente del Consorzio Ciliegia dell’Etna DOP – perché la produzione è stata compromessa prima dal clima, poi dai problemi legati al Covid-19. La fioritura ha risentito del maltempo che ha interessato la Sicilia nel periodo dell’allegagione, con una perdita stimata tra il -30% e il -40%. Il Coronavirus ha bloccato la raccolta e i mercati. Abbiamo venduto meno del 50% della produzione. La manodopera a cui ci rivolgiamo per la raccolta proviene dalla Polonia e dalla Romania e quest’anno non è stato possibile far arrivare i lavoratori da quei Paesi. La raccolta delle ciliegie avviene a mano, è molto delicata e difficile, bisogna essere bravi nel non rompere la vegetazione della pianta perciò, nonostante la carenza produttiva, molti frutti sono rimasti sulle piante proprio per mancanza di manodopera adeguata. Quel poco che è stato raccolto è stato venduto sul locale a prezzi bassissimi. Speriamo che la prossima stagione sia diversa, perché con la Ciliegia dell’Etna DOP potremmo veramente fare qualcosa di importante, anche come export”.
Ciliegia di Vignola IGP
Le Ciliegie di Vignola IGP sono il simbolo delle Terre dei Castelli, il territorio compreso tra la pianura e l’Appennino, in provincia di Modena. Questa coltivazione ha segnato in modo marcato il paesaggio, il lavoro dell’uomo e la vita della comunità. Le ciliegie vengono rigorosamente raccolte a mano, per non comprometterne le proprietà, e subito commercializzate, per garantire ai consumatori la massima qualità.
“La campagna ortofrutticola 2020 – afferma Walter Monari, direttore del Consorzio di tutela della Ciliegia di Vignola IGP – è stata una delle più difficili degli ultimi decenni, sia per le problematiche collegate al Coronavirus, sia per i forti danni da gelo che hanno ridotto la produzione all’incirca del -50%. Il prodotto raccolto è stato di alta o altissima qualità, anche se quasi dimezzato rispetto ad un’annata normale. Per quanto riguarda la manodopera, è stata più che sufficiente quella interna, anzi abbiamo avuto tante richieste di italiani (perlopiù giovani disoccupati e titolari di partita iva impossibilitati a svolgere le loro attività) che tuttavia sono state assorbite solo in minima parte, diciamo 2 su 10. Il mondo agricolo emiliano e romagnolo – prosegue ancora Monari – ha sempre necessità di assumere personale per la raccolta della frutta”.
Ciliegia di Marostica IGP
Quella di Marostica è stata la prima ciliegia in Italia ad ottenere il riconoscimento Europeo IGP nel 2002. Nel marosticense la cerasicoltura è l’icona del territorio, una tradizione da salvaguardare insieme alla ricchezza del patrimonio ambientale, frutto del lavoro dei produttori certificati appartenenti al Consorzio della Ciliegia di Marostica IGP.
Ogni primavera è scandita dalla Mostra Mercato delle Ciliegie di Marostica IGP – afferma Giuseppe Zuech presidente Consorzio Ciliegia di Marostica IGP – è il nostro modo di promuovere il prodotto con eventi, degustazioni, laboratori e musica. Ma in questo anno anomalo anche la Mostra ha dovuto adeguarsi. L’emergenza Coronavirus non ha fermato la Festa della Ciliegia di Marostica IGP, ma è stato necessario inventarsi un nuovo format. Così i Comuni di Marostica, Colceresa e Pianezze, principali territori di produzione, hanno trasformato la 76° edizione della Mostra Mercato della Ciliegia di Marostica IGP in un una “Mostra 2.0”, raccontata in diretta streaming sui canali social Facebook, Instagram e YouTube. La produzione 2020 tutto sommato è stata buona ed equilibrata per qualità e quantità. Il Coronavirus ci ha impedito le manifestazioni di piazza, ma abbiamo realizzato un format diverso, con poche persone in diretta streaming, format che tutto sommato ha funzionato, ma con la gente è tutta un’altra cosa. Anche il governatore Zaia ha ricordato l’appuntamento che celebra la produzione di ciliegie di Marostica IGP. Quest’anno ogni cosa è diversa, ma questo periodo passerà. Il Consorzio è in crescita, ad oggi 109 aziende certificano con CSQA, ma potrebbero essere molte di più perché la strada del marchio europeo è quella vincente, un percorso fondamentale che richiede sì l’impegno dei produttori per la qualità, ma che rappresenta uno straordinario valore aggiunto. Vendiamo soprattutto nel Nord Italia e qualcosa all’estero, in Austria soprattutto. Ma per l’export, oltre alla qualità, serve una buona organizzazione nella commercializzazione. La raccolta non è stata penalizzata dal Coronavirus perché nel Consorzio ci sono tante aziende piccole, a conduzione familiare, e la manodopera è quindi del luogo. Con il lockdown abbiamo avuto conferma dell’importanza dei social, ottimo sistema di promozione a costo zero, grande visibilità e riscontro. Continueremo su questa strada”.
Anguria Reggiana IGP
Dall’esperienza dei coltivatori, dalla qualità dei terreni, dalla scelta di non forzare la natura producendo un frutto solo di stagione e dai controlli di qualità certificati da enti esterni, nasce l’unica anguria IGP d’Europa, l’Anguria Reggiana IGP.
“L’anguria è un prodotto stagionale – commenta Ivan Bartoli, presidente del Consorzio di tutela Anguria Reggiana IGP – giugno climaticamente è stato un po’ freddo e ha rallentato la maturazione, ma la raccolta è iniziata ugualmente. Nel periodo del Covid-19 (marzo – aprile) eravamo in fase di trapianto in serra, ma i nostri lavoratori, che sono per l’80% indiani e pakistani, erano arrivati tutti a fine febbraio, giusto in tempo per restare e quindi hanno potuto lavorare, ovviamente in sicurezza, e hanno portato avanti la produzione. Per la raccolta abbiamo avuto molte richieste anche da parte di italiani (all’incirca cinque volte in più rispetto allo scorso anno): si tratta di giovani fra i 20 e i 30 anni, studenti universitari o ragazzi appena maturati, molto bravi e volenterosi, che si sono ben integrati con gli altri lavoratori. La raccolta delle angurie è fisicamente molto impegnativa, ma non si sono mai tirati indietro. Lo dico volentieri perché spesso si parla dei nostri ragazzi in modo negativo, ma questi giovani che hanno chiesto di lavorare lo hanno fatto con impegno e soddisfazione. Se tiene il caldo la produzione si potrà considerare buona e la raccolta andrà avanti fino al 15 settembre. L’IGP ha dato un bell’impulso alla produzione, siamo contenti ma c’è ancora un ampio spazio di crescita. Viene commercializzata attraverso i mercati ortofrutticoli, cominciamo a lavorare con la GDO e sul locale. Il prezzo è del 10,15% più alto rispetto al prodotto non certificato ed è esattamente quello che volevamo, una differenziazione nella remunerazione rispetto al prodotto convenzionale”.
Melone Mantovano IGP
Nell’epoca della globalizzazione il tema della tipicità, frutto della relazione tra territorio, clima, coltura e cultura locali, rischia di passare in secondo piano. Il marchio IGP associato al Melone Mantovano è quindi un argine alla confusione di sapori e di valori e un motore per un marketing che deve affrontare una concorrenza sempre più agguerrita.
“Quest’anno, a maggio – dice Mauro Aguzzi presidente del Consorzio di tutela – il Melone Mantovano IGP è stato il primo ad essere raccolto tra i meloni lisci nel comprensorio di Mantova, grazie alla varietà Honey Moon, più precoce delle altre. Il melone liscio è più delicato e più difficile da coltivare, ma è molto apprezzato dal consumatore sempre più attento al gusto. La stagione 2020 è partita bene, con un rallentamento a fine giugno dovuto alla pioggia, ma poi ha recuperato. Non siamo stati penalizzati dal lockdown perché era un periodo fermo per le nostre produzioni. L’IGP è molto richiesta anche grazie alla promozione mirata che stiamo facendo. In media il 95% della nostra produzione, garantita dall’IGP in termini di standard qualitativi e di sicurezza, viene assorbito dalla GDO. Il 2019 è stato un anno sfavorevole a causa delle condizioni climatiche e si è chiuso un po’ sotto le aspettative con 5.400 tonnellate di prodotto certificato, contro le 6.500 dell’anno precedente. Per il 2020 ci auguriamo di recuperare. La buona riuscita del nostro lavoro – conclude il presidente – come sempre in agricoltura, dipende dall’andamento climatico. La temuta incognita sulla manodopera a giugno non c’è stata, sono arrivati gli operai stranieri dell’Est Europa e quando non erano sufficienti ci siamo rivolti ad agenzie interinali. Oltre alla raccolta di giugno, i lavoratori hanno predisposto i trapianti per le produzioni tardive che si raccolgono a settembre”.
Pera dell’Emilia Romagna IGP
“I primi sei mesi del 2020 – spiega Adriano Aldovrandi presidente del Consorzio di tutela Pera dell’Emilia Romagna IGP – dal punto di vista commerciale non sono stati particolarmente significativi per il settore della pera. Durante tutta la campagna commerciale 19/20 ed in particolare da gennaio 2020 in poi, la domanda di pere italiane è sempre stata superiore all’offerta, davvero molto ridotta a causa del fortissimo calo di produzione registrato con il raccolto 2019 (-50% rispetto alla media del triennio precedente). Di conseguenza, quando nel corso del mese di marzo 2020 le limitazioni imposte dalla diffusione del Covid-19 sono diventate più evidenti, la commercializzazione delle pere italiane del raccolto 2019 stava già volgendo al termine. In generale dunque la filiera della pera italiana ha registrato in questa prima parte del 2020 una domanda robusta sia in Italia che all’estero e la grande disponibilità e senso di responsabilità dimostrati da tutti i collaboratori dei nostri soci hanno permesso (anche in questa particolare situazione di limitata disponibilità di prodotto e in questo frangente difficilissimo) di soddisfare al meglio tale domanda. Le gelate di fine marzo hanno danneggiato pesantemente le drupacee provocando gravi danni anche alle pere negli areali di produzione tipica come Ferrara, Modena e in parte Ravenna. Nonostante ciò – aggiunge Aldovrandi – la produzione di pere quest’anno si collocherà a metà strada tra il risultato minimo dell’anno scorso e lo standard produttivo di due anni fa. La raccolta e commercializzazione delle Pere IGP dell’Emilia Romagna è iniziata a luglio inoltrato con le varietà estive, Carmen e Santa Maria, da poco inserite nel disciplinare e prosegue con Williams, Max Red Bartlett, Conference, Decana e Kaiser per terminare con la nostra varietà leader, Abate Fetel, che sarà in vendita fino a fine aprile / metà maggio 2021. Per la raccolta e la lavorazione ricorriamo alla manodopera straniera, ma stiamo rilevando una crescita consistente di richieste di lavoro da parte di italiani, sia di giovani studenti del territorio sia di impiegati più anziani rimasti senza lavoro causa Covid-19. Il 70% della Pera dell’Emilia Romagna IGP trova sbocco sul canale GDO, anche grazie ad azioni di cobranding messe in atto dal Consorzio con diverse insegne e che creano una sinergia importante per la diffusione capillare del prodotto a marchio territoriale. Il dettaglio tradizionale, che era il canale principale di sbocco fino a 5/6 anni fa, oggi si è un po’ fermato, mentre trova sempre maggiore diffusione la vendita di prodotto trasformato (marmellate, puree, succhi con l’origine certificata).
Pesca e Nettarina di Romagna IGP
“Non si ricorda un’annata così negativa da tempo immemore – spiega Paolo Pari presidente del Consorzio Pesca e Nettarina di Romagna IGP – a causa dei danni da gelo che hanno colpito tutti gli areali vocati tra la fine di marzo e l’inizio di aprile 2020. Le gelate hanno penalizzato in particolare le cultivar a maturazione medio- precoce, mentre la situazione è lievemente migliore per il prodotto tardivo, comunque con rese molto lontane dalla norma. La produzione di pesche da consumo fresco potrebbe avvicinarsi, secondo le stime di CSO Italy, al -70% rispetto allo scorso anno, -50% per le percoche e oltre -80% per le nettarine, perché più impattate dalle gelate. Il calo andrà a toccare ovviamente anche la produzione di Pesca e Nettarina di Romagna IGP sebbene i volumi commercializzati a marchio di origine certificata non dovrebbero subire grosse riduzioni. Se dal punto di vista produttivo siamo di fronte a un’annata molto difficile, ci sono importanti novità sul fronte della gamma di prodotto IGP perché proprio il mese scorso la Regione Emilia-Romagna e il Ministero delle politiche agricole e forestali hanno approvato il Decreto d’urgenza che ammette l’ampliamento della gamma varietale inserita nel disciplinare di produzione IGP, sia per le pesche che per le nettarine. Tale ampliamento consente di commercializzare con il marchio IGP varietà oggi particolarmente apprezzate dal consumatore per gusto e qualità organolettica. Questa procedura d’urgenza darà certamente la possibilità di avere più prodotto a marchio IGP nel corso della campagna 2020. Una campagna che sarà sostenuta anche dal Piano di Sviluppo Rurale della Regione Emilia-Romagna con un progetto di promozione che darà la possibilità di comunicare i plus dell’offerta IGP soprattutto sui canali social e sui media trade. A causa delle regole anti Covid, non sarà purtroppo possibile realizzare gli eventi previsti all’interno dei supermercati. Questo 2020 – prosegue Pari – è un’annata molto difficile da decifrare, a fronte di una così elevata riduzione di produzione non dobbiamo tuttavia dimenticare la notorietà del prodotto e la sua eccellenza riconosciuta. L’attività del Consorzio proseguirà anche sul fronte della certificazione e della tutela attivando tutte le necessarie procedure di verifica. Sarà molto importante riuscire a mantenere aperto anche quest’anno il flusso di vendita del prodotto IGP, anche se i quantitativi sono limitati”.
Pesca di Verona IGP
La produzione della pesca nel territorio di Verona ha incontrato negli ultimi anni difficoltà di mercato e crescenti fitopatologie che hanno impedito di certificare quantità significative di prodotto.
“Stiamo valutando di richiedere un ricambio delle varietà inserite nel disciplinare – commentano dal Consorzio Pesca di Verona IGP – al fine di ottenere un prodotto comunque in linea con la tradizione ma qualitativamente più accreditato sul mercato”.
Susina di Dro DOP
La Susina di Dro DOP o Prugna Nera di Dro è una cultivar autoctona di antichissima tradizione nelle valli trentine del fiume Sarca. È un frutto che può essere consumato fresco, essiccato e utilizzato in diverse preparazioni, dai primi piatti ai dolci.
“La produzione appare nel complesso nella media degli ultimi anni – dice Jessica Paternoster, marketing manager di Melinda, azienda che commercializza la Susine di Dro DOP. Le frequenti piogge del periodo maggio/giugno hanno favorito sino ad ora un ottimale accrescimento dei frutti. Non sono segnalati problemi relativi a gelate e al momento non vi sono stati eventi grandinigeni. La Susina di Dro DOP è un prodotto di nicchia coltivato in piccole aziende a conduzione familiare, con manodopera locale. È oggi conosciuta dal consumatore per le sue particolari caratteristiche organolettiche (susina di tipo europeo, di piccola pezzatura, buccia violacea con la tipica pruina e polpa dorata, particolarmente dolce) ed è quindi richiesta sia dalla GDO che dai canali tradizionali. La commercializzazione avviene principalmente sui mercati del Nord Italia. Tutta la produzione di Susina di Dro è DOP e non è quindi possibile fare dei confronti sulla resa economica. Rispetto alle altre susine europee, anche grazie alla DOP, il prezzo risulta comunque sensibilmente superiore. La quantità prodotta è inferiore alla domanda quindi vi sono sicuramente possibilità di ampliamento delle superfici. Per quanto riguarda il Covid-19 non vi sono state particolari difficoltà perché il lavoro è continuato in modo regolare, ovviamente nel pieno rispetto delle normative sulla sicurezza vigenti, a tutela dei nostri soci e dipendenti”.
Pescabivona IGP
In Sicilia, all’interno del bacino idrografico del fiume Magazzolo a sud-ovest dei Monti Sicani, nelle province di Agrigento e Palermo, viene prodotta la Pescabivona IGP, caratterizzata da quattro diversi ecotipi, Murtiddara o Primizia Bianca, Bianca, Agostina e Settembrina.
“Quest’anno – racconta Salvatore Baio, agronomo del Consorzio Pescabivona IGP – la produzione di ‘Murtiddara’, che matura da fine giugno a metà luglio, è leggermente inferiore rispetto agli altri anni, mentre per gli altri ecotipi Bianca, Agostina e Settembrina (che matura da metà settembre ai primi di ottobre) la produzione dovrebbe rispecchiare i quantitativi degli scorsi anni. Fortunatamente qui in Sicilia, fino ad oggi, non si sono registrati problemi climatici che abbiano influenzato la raccolta, portata avanti grazie alla presenza di manodopera tutta italiana, locale, di età media intorno ai 30 anni. La commercializzazione della Pescabivona IGP segue principalmente i canali della GDO. Il prodotto certificato IGP è purtroppo solo poco più caro rispetto al prodotto convenzionale e questo è un aspetto sul quale stiamo lavorando per avere una maggiore remunerazione che appaghi gli sforzi di tutta la filiera produttiva. Non abbiamo avuto particolari problemi legati al Covid-19”.
Uva di Puglia IGP
I vigneti pugliesi producono non solo uva per il vino ma anche una pregiata uva da tavola, l’Uva di Puglia IGP che ha varie cultivar: giallo paglierino chiaro per l’uva Italia, Regina e Vittoria; la Red Globe che è rosata-doré e la Michele Palieri col suo caratteristico colore nero intenso e vellutato. Particolarmente zuccherina, l’Uva di Puglia IGP ha un gusto dolce e un profumo spiccato, in special modo la varietà Italia.
“La produzione di quest’anno grazie ad una stagione climatica abbastanza mite, è ottima, – afferma Michele La Porta presidente del Consorzio di tutela – forse meglio della stagione precedente, per cui le previsioni che abbiamo sono favorevoli. La raccolta generalmente si avvia a metà agosto con la varietà bianca Vittoria, a seguire uva rossa Palieri, poi Uva bianca al gusto di moscato varietà Italia, per concludere con uva rossa varietà Red Globe. La manodopera utilizzata dai consorziati deve essere specializzata, perché i grappoli vanno raccolti con cura e attenzione. Ci sono molti stranieri ma già da qualche anno, c’è un aumento di richieste di lavoratori italiani, specie tra i giovani che scelgono l’agricoltura. È comunque un fenomeno che non riguarda esclusivamente l’uva da tavola. Il principale canale di sbocco per l’Uva di Puglia IGP è rappresentato dalla GDO – conclude La Porta – ma stiamo operando attraverso campagne di promozione per sensibilizzare il consumo anche su altri canali e soprattutto verso l’estero, in particolare verso i mercati più lontani per esempio il Canada. La crescita di produzioni certificate è in aumento, in quanto la liquidazione di prodotti certificati è sensibilmente più remunerativa”.
A cura di Elena Conti
Fonte: Consortium 2020_03